A-Z

Titolo: A-Z
Autore: A-Z
Nazione: Stati Uniti D'America/Francia/Paesi Bassi
Genere: Hard Rock/Progressive
Anno: 2022
Etichetta: Metal Blade

Formazione:

Ray Alder – Voce, Cori
Philip Bynoe – Basso
Vivien Lalu – Tastiere
Joop Wolters – Chitarre
Mark Zonder – Batteria


Tracce:

01. Trial By Fire
02. The Far Side Of The Horizon
03. The Machine Gunner
04. Rise Again
05. Window Panes
06. Run Away
07. Stranded
08. At The Waters Edge
09. Borrowed Time
10. Sometimes
11. The Silence Broken (Bonus Track)


Voto del redattore HMW: 8/10
Voto dei lettori: 8.2/10
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Allora, direi che Procter & Gamble c’entrano poco o nulla, del resto le condizioni non impeccabili di smalto e colletto non deporrebbero a favore dell’arcinota linea di prodotti per l’igiene orale…
Vediamo un po’, una joint venture Stellantis-Apple? Zebra, pomo scarlatto… Ma sì, è la campagna promozionale per la prima iJeep, con interni bianconeri disegnati da Pogba! No, eh? Aspettate… e quel logo? Certo, Asia-Zu! Dev’essere un nuovo super-gruppo Frontiers, con Del Vecchio all’organo marino di Zara, un amplesso geometrico tra pomp-aor e jazz-core nella miglior tradizione mediterranea! No, non ci siamo…

Alder-Zonder.
Alder-Zonder?
Alder-Zonder??
Alder-Zonder!!!

Amici, e che amici. Miei sicuramente, compagni in rima d’una vita passata a comprar dischi tra le braccia di Mrs. Victoria, oltre l’Eburnea Soglia Dei Sogni… Un’amicizia (la loro) ultra-trentennale, celebrata nella maniera più naturale per due musicisti che hanno con sudore conquistato le vette dell’hard’n’heavy, scalando le torri merlate di quel metal americano, velato di magia ed epica progressività, con cui Warlord e Fates Warning hanno stregato generazioni di difensori della fede.

Un album eclettico dalla “a” alla “z”, in cui risuona, anche grazie all’estro di tre fuoriclasse che metterebbero in crisi i selezionatori del PSG, il vissuto di decenni, con un orecchio di riguardo per quella zona grigia nella quale modernità e passione per il sorpassato (non ho scritto vintage, visto?) s’intonano senza contrasti, una terra di mezzo dove charme melodico AOR e trame progressive siano smossi da micro-scosse elettroniche e distorsioni metal.

Esattamente quanto accaduto, in modo non casuale, lungo il cammino dei nostri prima e dopo la separazione in seno ai FW; chi ne abbia seguito le gesta ricorderà, non sempre con giubilo, i fuorigiri degli Engine o il metal-prog bombastico dei Redemption, così come le rotte divergenti di Slavior e Spirits Of Fire, fino al progressive/depressive del progetto Zonder/Wehrkamp (caldamente raccomandato).

Tutto ha fatto brodo, e che brodo…impossibile non scottarsi alla prima sorsata, vera prova del fuoco per saggiare la classe dei suddetti campioni: il basso di Bynoe (Vai, Slash e MacAlpine tra gli altri) ha una fluidità ritmica totale, sciolto e sinuoso calza la compostezza iper-cinetica di Zonder come la scarpina di cristallo il piedino di Cinderella; monsieurPolène” Vivien Lalu ha ereditato un bagaglio sinfonico d’altri tempi – già aggiornato con piglio futurista nell’“oniric metal” dell’ensemble che porta il suo cognome – che qui sposa a un gusto jazz raffinatissimo; e poi c’è Joop Wolters (chi ha detto Arabesque?), virtuoso capace di combinare in scioltezza influenze pop, funk e fusion con la tipica irruenza del metal progressivo post Awake.

Insomma, un quadro policromo decisamente vivace ma mai stordente, dal quale far emergere le pennellate dei singoli solo in quanto orgogliosa espressione del tutto (per favore, non chiamatelo super-gruppo). Ciascun brano brilla di luce propria, sebbene alcune soluzioni ritmico/melodiche richiamino inevitabilmente l’illustre passato di A e Z: “The Far Side Of The Horizon” non può non ricordare Theories Of Flight, “Runaway” e “Stranded” sembrano schizzate fuori dal master di What The Water Wants, in “Borrowed Time” s’avvertono echi di Disconnected, in “At The Waters Edge” addirittura di Inside Out.

Pomo d’Oro (delle Esperidi), emblema di fecondità e amore, all’ibrido techno-AOR/class metal di “Trial By Fire”, al pop progressivo di “Rise Again”, alla scorribanda purpleiana di “The Machine Gunner” e al commiato di “Sometimes”, chiosa corale di un album che conferisce nuova dignità a tre decenni di hard prog.
A zebra donata non si guarda in bocca. Parola di Hugh Syme.

Che bel regalo, amici.

 

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