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Chiamarsi Leviathan, cioè come altri mille gruppi, probabilmente non ha mai giovato a questa ottima formazione del Colorado che, dall’ormai lontano 1991, ha inciso otto album, un live, un EP e una raccolta: niente male per una formazione che conosceranno in cento persone!
Personalmente li ho scoperti a metà anni ’90 con l’esordio Deepest Secrets Beneath, trovato a poche migliaia di lire (sì, lire! Sì, sono vecchio!) in un negozio della mia città e acquistato unicamente per la copertina che faceva presagire qualcosa di bello.
Una volta messo il CD nel lettore mi accorsi che il bello c’era, infatti il gruppo aveva diverse qualità, prima tra tutte quella di suonare dell’ottimo progressive-metal senza per forza scimmiottare i Dream Theater (e all’epoca erano in pochi a non rifarsi biecamente alle sonorità di Petrucci & Co). La formazione ha infatti sempre prediletto un prog-metal scevro da quintali di tastiere e funambolici tecnicismi, ricordando maggiormente l’operato di gruppi quali Queensrÿche, Rush e Fates Warning dell’epoca Adler (non è un caso che Mark Zonder sia stato il batterista dei Leviathan per qualche tempo).
Riconfermato l’eccellente Raphael Gazal dietro al microfono, il deus ex machina John Lutzow dà qui vita a un’altra opera affascinante, che troverà pochi, pochissimi estimatori, ma che spazza via centinaia di gruppi (e album) inutili e prive di personalità.
Sin da “Unfriendly To Humans” è lampante l’alto livello di scrittura, contraddistinto da riff tutt’altro che banali, splendide linee vocali, liriche ispirate, anche se pervase da un notevole pessimismo e da un lavoro certosino dei singoli musicisti, in questo album affiancati anche da un secondo chitarrista che, all’occorrenza, si diletta pure al violoncello.
Le melodie di “Dark Side Down” ricordano dei Threshold più complessi (ascoltate l’assolo dopo il primo ritornello!), mentre “Rorschach Test”, pur risultando più cerebrale, presenta nuovamente un’eleganza fuori dal comune, dettata da ricercate trame sonore. “Semblance Of Self” è un altro excursus di spessore, sorretto da una prova magistrale di tutta la formazione, soprattutto quella del validissimo Gazal, qui più prossimo a timbriche care a La Brie. La lunga e articolata “The World Is Watching” non fa altro che ribadire quanto di buono scritto sinora.
I Leviathan sono una band fantastica: sapevatelo!