CIRITH UNGOL – Dark Parade

Titolo: Dark Parade
Autore: Cirith Ungol
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: Heavy Metal
Anno: 2023
Etichetta: Metal Blade Records

Formazione:

Tim Baker – Voce
Rob Garven – Batteria
Greg Lindstrom – Chitarra
Jim Barraza – Chitarra
Jarvis Leatherby – Basso


Tracce:

01. Velocity (S.E.P.)
02. Relentless
03. Sailor On The Seas Of Fate
04. Sacrifice
05. Looking Glass
06. Dark Parade
07. Distant Shadows
08. Down Below


Voto dei lettori: 6.2/10
Please wait...

Visualizzazioni post:535

“Fermi tutti! È mio!”
“Cosa? Puoi scordartelo amico, stavolta ci penso io…”
“Eccoli, i soliti ingrati, e noialtri? Facciamo che fate un passo indietro e me lo prendo io…”

No, non è successo niente di tutto ciò, come sempre gli Heavy Metal Webzinari non si fanno problemi e si sdoppiano, anzi, triplicano, se l’occasione è ghiotta come un nuovo capitolo della saga dei Cirith Ungol. L’impressione non cambia, quindi eccovi tre punti di vista diversi, ma convergenti nel promuovere “Dark Parade”, il sesto album degli epici ammeregani…

Inoltre, questo è il luogo giusto per ricordarvi che, se volete, sono ancora disponibili alcune copie della ristampa di “Cirith Ungol – Servi Del Caos”, la nostra fanzine cartacea dedicata alla band di Ventura!
Potete richiederla scrivendo a fanzine@heavymetalwebzine.it!


Nuovo album per i Cirith Ungol? Non certamente una sorpresa per chi ha seguito il gruppo anche solo di sfuggita negli ultimi anni. Tra riff dissepolti dai cassetti della memoria e nuove idee (nel senso meno ambiguo di “recenti”, nessun membro della vecchia guardia si accosti timoroso a cotanta colata d’acciaio), Dark Parade si farà strada ancora una volta nelle anime di chi ha smarrito la via sul passo di Cirith Ungol, finendo recluso nell’antro di Shelob senza via di fuga, non terrorizzato come il coraggioso Frodo, semmai appagato nel perdersi fra le epiche scorribande del fu quintetto di Ventura.

Ahimè, il cuore si fa però pesante, in un duplice senso: gioiosamente gonfio di stima per la coerenza musicale dei nostri Eroi da un lato, ma saturo di malinconia al pensiero dei recenti annunci del complesso dall’altro, tra fresche separazioni da membri storici con ambigui comunicati (parliamo di Jim Barraza) e la probabilmente non facile decisione di dare un taglio all’attività live al termine del 2024, a conti fatti una saggia scelta per quanti nel gruppo si avvicinano al ragguardevole traguardo dei 70.

Confortante che non si parli di fine definitiva dei giochi, visto che difficilmente vi sarebbero lamentele in vista di un nuovo lavoro in studio, considerata la qualità che permea Dark Parade, otto brani finemente cesellati nel più puro stile Cirith Ungol, hard ‘n heavy contraddistinto da un incedere spesso caro al doom, ma capace di mostrare gli attributi e spingere adeguatamente sull’acceleratore quando il contesto lo richiede.
Il giusto minutaggio (siamo sui 45 minuti) aiuta a passare in rassegna l’intero itinerario musicale senza uscirne annoiati; nessuna lungaggine fine a sé stessa, un compromesso fra sezioni strumentali e cantate che offre spazio all’apporto di tutti i membri, melodie vincenti ed assoli semplici ma incisivi. Gli ingredienti ci sono tutti, cotti a puntino.

L’inusitata sensazione che non siano trascorse realmente decine d’anni dallo storico quartetto discografico iniziale, già provata pochi anni or sono con quel piccolo gioiello grezzo a nome Forever Black, è ancora una volta rimarcata dagli aspri proclami di Tim Baker, per cui il tempo pare essersi fermato.

L’epica battaglia per la conquista del successo è un lontano ricordo; gli ormai appagati musicisti, che hanno visto una rinascita dal 2015 ad oggi prodiga di attestati di stima dai mai assopiti fanatici del gruppo, non sente il bisogno di dimostrare nulla, lasciando che per loro parli la musica. E non sussiste il bisogno di citare questo o quel brano, talmente Dark Parade risulta equilibrato e uniforme nelle sue evocative esalazioni metalliche, oltretutto nell’epoca in cui non serve attendere la ricezione della copia fisica dell’album e fidarsi del recensore di fiducia (anche se, per il recensore, è bene aggrapparsi ad una antitetica visione) per scegliere se l’acquisto sia dovuto o meno.

Basta, diamo un taglio allo sproloquio e impartiamo le istruzioni finali: niente di più semplice, fate vostro Dark Parade o quantomeno ascoltatelo e, per citare Rob Garven, immergetevi ancora una volta in un agitato vortice di caos metallico.

[Pol – 7.5/10]


Il cammino dei californiani Cirith Ungol è quantomeno singolare. Ho sentito più volte definirli dei “perdenti di lusso”. Analizzando la loro carriera, effettivamente, questa definizione non è del tutto sbagliata: attivi (a livello discografico) da fine anni ’70, con tre ottimi album pubblicati nel decennio successivo, i Nostri non hanno mai raggiunto la popolarità né il successo dei grossi nomi del panorama metal ottantiano. Dopo la pubblicazione del disco “Paradise Lost” (1991) e la scomparsa dello storico chitarrista Jerry Fogle (1998), la band si scioglie definitivamente. Questa è storia.
Nonostante tutto, il culto dei Cirith Ungol non si è mai spento ed è rimasto vivo negli anni tra gli appassionati più accaniti del metal epico e tradizionale. Sorprendentemente (penso nessuno se lo aspettasse!) i Nostri ritornano esibendosi dal vivo in un festival metal in California, nel 2016. Dopo alcune date in Europa, i californiani sono pronti per dare alla luce un nuovo disco di inediti, “Forever Black” (2020), lavoro che ha riscosso un ottimo responso di critica e pubblico. Una nuova rinascita per la cult-band statunitense? Così parrebbe ma, subito dopo l’annuncio di questo nuovo “Dark Parade”, il gruppo comunica la cessazione delle attività dal vivo entro il 2024 e la separazione del chitarrista Jim Barraza (presente dai tempi di “Paradise Lost”).
Curioso è che il primo brano di questo nuovo disco, nonché singolo di lancio, “Velocity”, abbia degli inserti di chitarra molto evidenti e anche marcatamente melodici (per gli standard del gruppo) che vanno a formare la struttura principale del pezzo. Un buon inizio e, direi anche, scelta azzeccata per un singolo.
Con la traccia successiva “Relentless” torniamo a un suono Cirith Ungol al 100%! Un riff granitico e arcigno apre questo brano in cui la chitarra disegna trame più oscure e maligne, accompagnata dal cantato selvaggio e viscerale di Tim Baker. Un incedere lento ma che non lascia scampo! Come detto, tipico marchio di fabbrica dei Cirith Ungol: un metal epico che non cede facilmente alla melodia banale o al coro scontato.
La successiva “Sailor On The Seas Of Fate” è uno dei pezzi da novanta dell’ensemble americano: anche questa volta i ritmi sono tutt’altro che serrati e il brano parte quasi in maniera sofferta, con la voce di Baker che però mantiene sempre la propria aura metallica e spietata. Un arpeggio di chitarra lascia spazio a dei riff più massicci e a un cantato quasi straziante. Più o meno a metà irrompe un fraseggio di chitarra che fa da apripista ad una fuga strumentale, preludio di un epico assolo di chitarra nella parte finale. Sicuramente uno degli episodi migliori del disco, che mette in risalto l’ottimo lavoro della coppia Barraza/Lindstrom, autrice di una prova maiuscola.
Col proseguo dell’ascolto ci troviamo sempre in territori di disperazione e malessere, il tutto espresso con riff rocciosi, momenti tipicamente Doom, fughe di chitarra ad altissima intensità e dalla solita voce di Baker, a tratti feroce, a tratti straziante, quasi disumana! Una menzione doverosa anche per il lavoro di batteria Robert Garven, da sempre marchio di fabbrica dei Cirith, con un suono potente e preciso ma al contempo selvaggio e, in certi frangenti, quasi tribale.
Le atmosfere Doom ci accompagnano fino al termine di questo “Dark Parade”, talvolta spezzate da una chitarra solista arrembante. Il trittico finale del disco, un autentico monolite di metallo, incarna alla perfezione quanto detto e non fa prigionieri!
Se il Metal non è un genere per le masse, possiamo sicuramente affermare che la musica dei Cirith Ungol non è certo per tutti, con le sue atmosfere pesanti e cupe. “Dark Parade” non deve strizzare l’occhio a facili melodie o inseguire un qualsivoglia trend del momento. È semplicemente un disco dei Cirith Ungol che, pur non essendo un capolavoro in senso lato, è totalmente onesto e genuino, partorito da una band che non ha bisogno di scendere a compromessi.
I Cirith Ungol si esibiranno in Europa in alcuni festival già confermati e con nuove date che, con tutta probabilità, verranno annunciate a breve. Non ci è dato di sapere se la marcia dei californiani, dopo aver incendiato i palchi europei e americani, subirà l’ennesimo stop… Non sappiamo ancora se “Dark Parade” sarà il nuovo testamento di questi musicisti… Quello di cui sono però certo, è che la legione di fan, sparsi per tutto il globo, porterà avanti ugualmente il culto, proprio come è successo durante il primo ventennio abbondante di inattività.

[Fabio Perf – 7.5/10]


Finalmente ci siamo! A tre anni comodi dall’uscita di “Forever Black”, i Cirith Ungol tornano tra noi con “Dark Parade”, il loro nuovo e sesto capitolo discografico, con cui la band di Ventura rinnova il sodalizio che la lega a Metal Blade Records! Siccome non mi piace dover nascondere le mie emozioni dietro alla facciata del redattore distaccato, vi racconterò ciò che penso di “Dark Parade” nell’unico modo che mi appartiene, ovvero lasciando parlare il cuore: la musica evoca emozioni, e pochi gruppi sono riusciti a donarmi sensazioni ed immagini come i Cirith Ungol, una band tanto unica quanto particolare.

Confesso che, appena ricevuto il promo di “Dark Parade”, non mi ci sono buttato a capofitto, poichè al di là degli articoli che ancora dovevo concludere e dei brani che avevo potuto ascoltare in anteprima – che, va detto, mi avevano lasciato sensazioni ottime – ho preferito attendere di essere “pronto”: d’altronde la speranza di godere di un nuovo, grande disco ed il timore di trovarsi di fronte ad un doloroso passaggio a vuoto vanno sempre a braccetto ma, anche questo va detto, da quando sono tornati a comporre nuova musica i Nostri non sbagliano un colpo! Infatti, con “Dark Parade” i californiani aggiungono un nuovo e tenebroso gioiello alla loro discografia: ripartendo da quando apprezzato su “Forever Black”, plasmano il loro tipico heavy metal epico ed apocalittico imprimendo alle chitarre un suono maggiormente corposo e possente, generando così la costante sensazione di un’oscurità ancor più opprimente ed inquietante, a cui contribuiscono le vocals dilanianti di Tim Baker – innegabilmente uno dei tratti distintivi dei Cirith Ungol – e da cui si stagliano, come sferzate che fendono il buio, degli affascinanti assoli di chitarra.

Posso affermare che quel terrore concreto, quella sensazione di pericolo incombente che già permeavano “Forever Black” su “Dark Parade” sono ancora più marcate e, se H.P. Lovecraft è stato lo scrittore che meglio di tutti ha saputo trasmettere, attraverso le parole, tali inquietudini, i Cirith Ungol hanno saputo renderle vivide e palpabili grazie alle loro canzoni. Volendo citare gli album del passato, potrei dire che in questi brani ritrovo le sonorità doomy ed oscure di “One Foot In Hell” e la pesantezza di “King Of The Dead”, il tutto promosso attraverso un’ ottima produzione che permette di gustare tutte le sfaccettature emotive della musica contenuta in “Dark Parade”.

L’album si apre sulle note di “Velocity (S.E.P.)”, brano massiccio ed incisivo in odore di NWOBHM, nonchè primo singolo scelto dalla band che, per le sue dinamiche sonore, fa un po’ storia a se rispetto al resto delle composizioni: plumbee atmosfere si fanno largo con la splendida “Relentless”, pezzo minaccioso impreziosito dall’ipnotico apporto della chitarra, qui impegnata nel tessere trame dal flavour orientale. Con gli otto minuti abbondanti di “Sailor On The Seas Of Fate” siamo al cospetto di un brano molto evocativo e dai toni imponenti: se con l’arpeggio iniziale si diffonde una certa foschia, il proseguo del brano assume i connotati doomeggianti di una notte cupa e spaventosa, spezzata centralmente da un passaggio di più alta intensità elettrica.

La sinistra “Sacrifice” ci proietta durante la celebrazione di un oscuro rituale arcaico, guidato dalla voce lacerante del sacerdote Tim Baker, mentre il secondo singolo “Looking Glass”, epico ed incisivo, si allinea per qualità e coordinate a “Relentless” e contiene una sezione centrale rallentata con un gran bell’assolo di chitarra. Inoltre, “Looking Glass” è il primo di quattro brani che compongono una storia da incubo: con “Dark Parade”, “Distant Shadows” e “Down Below” i Cirith Ungol piazzano una successiva triade di composizioni le cui suggestioni epic-doom lasciano pochissimo spazio ad una visione positiva, al contrario trasmettono chiaramente presentimenti pessimistici, di sciagure e devastazioni per un mondo sull’orlo del baratro, sia ambientale che sociale.

In conclusione, e non avevo dubbi in merito, con “Dark Parade” i Cirith Ungol realizzano un grandissimo disco, vivo e tenebrosamente affascinante, un lavoro che durante l’ascolto ti costringe a guardarti costantemente alle spalle per paura che dal buio sbuchi un indicibile orrore: se volete sapere qual è il suono dell’apocalisse non dovete far altro che abbandonarvi a “Dark Parade”! Per quanto mi riguarda, disco dell’anno!
[Luca Avalon – 8.5/10]

 

3 commenti su “CIRITH UNGOL – Dark Parade”

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.