Visualizzazioni post:367
Un caldo anomalo per la fine di ottobre adorna una soleggiata Milano che già a metà del pomeriggio del 28 Ottobre vede la via antistante l’Alcatraz popolarsi di nere magliette. L’evento è di quelli gustosi per gli appassionati di power metal poiché erano decenni che non si potevano ascoltare insieme in un tour i due pilastri del metal melodico finlandese, ovvero gli Stratovarius e i Sonata Arctica. Il “Nordic Power Metal Titans” trasformerà di lì a poco il locale di Milano nel tempio del power metal per una sera e porta le due band in un momento lontano dall’uscita di un disco, permettendo loro di spaziare, come vedremo, nella loro discografia, regalando al pubblico una serata memorabile e diversa al solito. Ad aprire la schermaglia sono stati chiamati i tedeschi Induction, il cui leader Tim Hansen è figlio d’arte del più noto Kai Hansen (Helloween e Gamma Ray). Durante lo show sarà Tony Kakko ad annunciare il Sold Out della serata, segno di quanto queste band siano apprezzate nel bel paese.
Induction
Si parte presto poiché già alle 18:45 i giovani ragazzi teutonici irrompono con il loro power metal classico e grintoso, guidato per una parte di tour non dal cantante ufficiale Craig Cairns, ma dall’italico Antonio Calanna, che fiero della sua madrelingua inciterà il pubblico meneghino per tutta la durata della scaletta.
Si impiegano un paio di canzoni a settare decentemente i suoni, e se le chitarre vengono purtroppo un po’ sacrificate, la voce di Antonio si può godere al cento percento, incantando l’Alcatraz con una voce spettacolare e una presenza scenica da far invidia a artisti ben più scafati. Se il loro compito era preparare il pubblico per i due nomi grossi, l’obiettivo è stato raggiunto appieno. Simpatici e chiaramente felici di esser sul palco gli Induction salutano il pubblico italiano con Antonio che porta in braccio la figlioletta Ginevra. (Qui l’intervista a Tim Hansen)
Scaletta
Born From Fire
Fallen Angel
Scorched
Go to Hell
Queen of Light
Sonata Arctica
Il sottoscritto redattore segue i Sonata Arctica da venti anni in ogni loro calata italica; per questo, l’attesa per questa loro performance, dopo più di tre anni e con solo album acustici in uscita, era notevole. Si aggiunga che l’ultimo singolo appena pubblicato “First In Line” vede un ritorno alle vecchie sonorità, diventa facile crearsi illusioni.
Ebbene stavolta Tony Kakko e soci hanno sfoderato una scaletta e una prestazione davvero di altissimo livello che surclassa e fa dimenticare li ultimi tour di supporto a Talviyö. “Closer To An Animal” è un’introduzione piuttosto scialba ma l’Alcatraz sembra apprezzare, ma la bomba di “Black Sheep” è subito pronta ad esplodere, riportando al 2001 il power metal della band di Kemi. Inaspettatamente anche il nuovo singolo entra in scaletta e grazie al suo ritornello orecchiabile si conferma molto forte anche in sede live. La martellante doppia cassa di Tommy Portimo piace e difatti il pubblico inizia a gasarsi non poco. “Broken” dal seguente “Winterhearts Guild” rallenta il ritmo ma fomenta con il suo ritornello potente, mentre la sequenza “I Have A Right” e “Paid In Full” fanno felici i fan della versione più rock progressiva dei Sonata Arctica.
“Replica” è un gran colpo in questa scaletta, Tony Kakko può quasi fare a meno di cantare perché il pubblico è carico e sovrasta quasi il cantante bianco chiomato. Si possono anche apprezzare i suoni cristallini che permettono a tutti di spiccare, soprattutto Elias Viljanen alla chitarra, molto in forma e con una gran presenza. Si torna al power vecchio stampo con “8th Commandment”, sempre dall’album di esordio Ecliptica, potente e orecchiabile, seguita dalla power ballad per eccellenza dei Sonata: “Tallulah”, anche qui cantata in coro da tutti i presenti. Segue l’immancabile “Fullmoon”, vero gioiello della band di Kakko anche qui fomentando tutto l’Alcatraz di Milano senza riserve.
Dopo la solita finta uscita c’è tempo per due canzoni, “The Cage” altra velocissima sfuriata power su cui spicca Henrik Klingenberg alle tastiere e la conclusiva “Don’t Say A Word” che sigla la fine di una performance spettacolare che ci regala dei Sonata Arctica invecchiati bene e che, forse, vogliono togliersi qualche critica che negli ultimi anni era piombata loro addosso riguardo l’abbandono del power metal. Il tutto non prima dell’ormai canonico invito con la “Vodka Song”.
Scaletta
Intro: One Day (Hans Zimmer)
Closer to an Animal
Black Sheep
First in Line
Broken
I Have a Right
Paid in Full
Replica
8th Commandment
Tallulah
FullMoon
Encore:
The Cage
Don’t Say a Word
(with Vodka outro)
Stratovarius
Evitiamo discorsi sulle due formazioni pre e post Tolkki perché stasera gli Stratovarius dovevano dimostrare a chi li aspettava con gli Iron Maiden questa estate che l’incidente di percorso avuto sul grande palco dell’ippodromo di Milano è stato un problema tecnico. E lo hanno fatto. Hanno dimostrato di essere dei veri maestri del power, presentando una scaletta che ha accontentato davvero tutti. Matias Kupiainen è un vero mostro con la sei corde e regge il palco sia come tecnica che come presenza quasi come fosse un frontman. In più questa sera rientra nei ranghi il bassista Lauri Porra, che era stato sostituito dall’ex Sonata Arctica (ora Insomnium) Jani Liimatainen per parte del tour, altro musicista di grande spessore che fa da contraltare a Kupiainen e al mattatore della serata: Timo Kotipelto.
Il cantante finlandese a 54 anni dimostra a tutto il pubblico italiano le sue qualità riuscendo con perizia tecnica ad arrivare quasi ai fasti del passato inanellando sia canzoni della storia degli Stratovarius che quelle tratte dei lavori più recenti.
“Survive” apre le danze e le chitarre di Kupiainen la fanno da padrone, il pubblico dei Sonata Arctica ha lasciato il posto ai fan degli Stratovarius (salvo chi era li per entrambi e ha fatto filotto), e la canzone serve soprattutto al fonico a sistemare qualche dettaglio nell’audio. Dettagli che rendono giustizia a “Eagleheart”, canzone semplice diretta che si stampa in testa e che viene cantata da tutto l’Alcatraz, ma la vera botta arriva con uno dei primi classici, quella “Speed Of Light” tratta da Episode (1996) che fa tremare le pareti del locale milanese. Rolf Pilve alla batteria si conferma una macchina da guerra sulle parti più speed e infarcisce senza strafare i brani classici con il suo stile più moderno.
Un trittico di canzoni tratte degli ultimi lavori tengono a bada la brama del pubblico, sono “Broken” e “World On fire” dall’ultimo album Survive, e “Winter Skies” tratta da Polaris. Jens Johansson alle tastiere inizia a duellare con Matias Kupiainen per il medley di “Stratosphere” e “Holy Light” che conducono alla graditissima sorpresa di “Father Time”, grande classico del power finlandese e apertura dello stupendo album Episode. Kotipelto tiene bene le tonalità alte (che non sono state abbassate, ndR) aiutato anche da lungo delay e reverbero, la parte di assoli incrociati fra chitarra e tastiera fa esaltare gli astanti. Ultimo estratto dall’ultimo Survive con “Frozen In Time” prima che Jens Johansson attacchi il clavicembalo rinascimentale che porta inevitabilmente al loro grande classico “Black Diamond”. Pubblico in delirio, Kotipelto lanciatissimo a far cantare tutti, assoli incastrati alla perfezione fra Johansson e Kupiainen su un tappeto ritmico martellante di Lauri Porra e Rolf Pilve. Davvero da applausi.
La band lascia il palco e al ritorno, Kotipelto rispiega del problema di trasporto avuto in estate per arrivare in Italia di supporto ai Maiden, così decidono di regalare un breve intermezzo acustico con la stupenda ballad “Forever”, che non è mai stata fatta durante questo tour, in cui la chitarra arpeggiata fa da tramite fra la triste e malinconica voce di Timo e il pubblico incantato.
“Unbreakable”, tratto da Nemesis serve da apertura per l’encore, che verrà chiuso dalla onnipresente “Hunting High And Low”, tirato molto in lungo perché Kotipelto si è divertito con il pubblico a giocare facendolo cantare.
Si chiude una serata memorabile che sicuramente ha lasciato un ricordo indelebile nella mente delle migliaia presenti all’Alcatraz di Milano, una serata n cui i Sonata Arctica si sono dimostrati di essere in grado di tornare ai fasti gloriosi del passato e gli Stratovarius hanno confermato il loro status di leader di un certo modo nordico di intendere il power metal.
Scaletta
Intro
Survive
Eagleheart
Speed of Light
Paradise
Broken
Winter Skies
World on Fire
Stratosphere / Holy Light
Father Time
Frozen in Time
Black Diamond
Encore:
Forever
Unbreakable
Hunting High and Low