LYNCH MOB – Babylon

Titolo: Babylon
Autore: Lynch Mob
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: hard rock
Anno: 2023
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Gabriel Colon: voce

George Lynch: chitarra

Jimmy D’anda: batteria

Jaron Gulino: basso


Tracce:

01. Erase

02. Time After Time

03. Caught Up

04. I’m Ready

05. How You Fall

06. Million Miles Away

07. Let It Go

08. Fire Master

09. The Synner

10. Babylon


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 7.5/10
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I Lynch Mob sono un gruppo rock americano nato dalle ostilità tra Don Dokken e George Lynch con quest’ultimo che a distanza di anni, dallo split con i Dokken del 1989, si è comunque preso tutte le sue rivincite, non solo con questa band ma anche come artista solista e nelle tantissime collaborazioni alle quali ha partecipato.

“Ci sono state così tante iterazioni dei Lynch Mob dalla prima formazione nel 1989 di Oni Logan, Mick Brown, Anthony Esposito e me”, afferma George. “Mettere insieme i Lynch Mob è stata solo un’estensione di ciò a cui ho sempre aspirato in una band: i migliori musicisti possibili, chimica e fratellanza”.

La vera notizia, a parte l’uscita dell’ottava fatica discografica intitolata: Babylon è che il gruppo di George serrerà i battenti con il prossimo tour mondiale: The Final Ride, che partirà a gennaio 2024 per concludersi a marzo 2025 chiudendo così un lungo percorso durato ben trentacinque anni. Questo nuovo e ultimo platter degli americani ha un tocco più classico ed energico rispetto al passato con un sound ricco di elementi rock, blues, metal e con una propensione all’improvvisazione tipica dello stile lynchiano. Rispetto al penultimo The Brotherhood del 2017 troviamo nella formazione: il nuovo e bravissimo cantante portoricano Gabriel Colon. Per il resto, oltre al veterano chitarrista e fondatore della band George Lynch (The End Machine, The Banishment, ex-Dokken), ci sono il bassista Jaron Gulino (Tantric, Heavens Edge) e il batterista Jimmy D’anda (ex- Bulletboy).

“Le mie band non sono state solo le mie migliori amiche, ma anche la mia famiglia. Quando ci riuniamo, lavoriamo duro e lottiamo insieme, creiamo un legame che dura tutta la vita. Penso che sia la cosa che amo di più del mio percorso musicale: creare musica in studio, salire sul palco e condividere quel legame con i miei amici attraverso la musica. Grazie a tutti coloro che sono stati nella mia band. Sento davvero che è nostro”, afferma George.

I Lynch Mob sono la vera famiglia del chitarrista e sembra strano rinunciarvi ma data l’età che avanza, questo straordinario guitar hero vuole chiudere in bellezza una parte della sua vita ricca di soddisfazioni e rivincite. Per questo motivo il quartetto statunitense ripropone in quest’opera la consueta energia e soprattutto uno spavaldo hard rock guidato dalla virtuosa chitarra del maestro, pur presentando elementi di rock tradizionali, conditi da venature blues e metal, con una inclinazione all’improvvisazione. In un certo senso Babylon è un ritorno alle radici tradizionali ma con una produzione moderna che esalta la sei corde elettrica ma che sacrifica un po’ gli altri strumenti e in particolare la batteria. Nonostante momenti di tecnicismo esasperato, come nel caso dell’ultima in scaletta, proprio la track list: “Babylon”, song epica di otto minuti dal tocco orientaleggiante, il buon Lynch riesce a sviluppare, in tutti i solchi del disco, tanta armonia e una sufficiente melodia mettendo ovviamente i suoi riff e i suoi assoli sempre in primo piano. Lo si ode immediatamente con l’iniziale e ottantiana, “Erase”, potente pezzo hard rock, con uno stupefacente assolo di chitarra e con il singer Colon sugli scudi, che canta con una voce roca, cruda e molto laboriosa. Il ritmo martellante della batteria e del basso sostengono l’intermittente e stradaiola, “Time After Time”, in cui il gruppo punta molto sulla melodia e su atmosfere più riflessive e pacate, che accelerano solo durante l’armonico ritornello del brano. “Caught Up”, continua sulla strada melodica del pezzo precedente ma qui i riff sono più ardenti e aggressivi, così come la sezione ritmica che accompagna magnificamente l’assolo al fulmicotone di George. L’ammaliante, “I’m Ready”, è nei riff un omaggio a Eddie Van Halen e il cantato un tributo a David Lee Roth perché Lynch non è mai ripetitivo amando mettere la sua impronta anche in stili legati ad altri importanti chitarristi. Qui Gabriel e George sembrano alimentarsi a vicenda dagli accordi melodiosi della traccia per un connubio vincente che non fa rimpiangere il vecchio vocalist Oni Logan. Ma man mano che le tracce scorrono si passa dal classico ricordo degli inizi, nei lontani anni ’80, a canzoni impregnate da un eccellente hard rock, dalle sfumature metal, come nel caso della fragorosa, “How You Fall”, dal refrain melodico e accattivante.

Dopo questa furia metal il combo spezza il ritmo con la gigantesca e romantica ballata, “Million Miles Away”, song molto calma, che crea un’ottima atmosfera, grazie alla pacata ugola del singer e dell’arpeggiante chitarra di Lynch che sfociano in un gradevole e orecchiabile ritornello. Nella parte finale, si sente invece un suono più anni Settanta, ma sempre con una discreta potenza. “Let It Go” e “Fire Master”, sono per l’appunto un esempio concreto di classico hard rock anni’70 ma senza essere troppo datate. Purtroppo, non entusiasmano più di tanto, mentre nella penultima e oscura, “The Synner”, Lynch rompe addirittura tutti gli schemi uditi prima. Riff cadenzati, ossessivi e ipnotici accompagnano le corde vocali acute e urlanti di Colon per una canzone rock sorprendente e insolita. In conclusione, George Lynch non sperimenta nulla di nuovo ma dimostra ancora una volta di essere un chitarrista abile, creativo, in piena forma e ancora capace di dare tanto al metal.

 

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