VITRIOL – Suffer & Become

Titolo: Suffer & Become
Autore: Vitriol
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: Death Metal
Anno: 2023
Etichetta: Century Media

Formazione:

Kyle Rasmussen – voce, chitarre
Adam Roethlisberger – basso, voce
Matt Kilner – batteria
Stephen Ellis – chitarre


Tracce:

1.   Shame And Its Afterbirth
2.   The Flowers Of Sadism
3.   Nursing From The Mother Wound
4.   The Isolating Lie Of Learning Another
5.   Survival’s Careening Inertia
6.   Weaponized Loss
7.   Flood Of Predation
8.   Locked In Thine Frothing Wisdom
9.   I Am Every Enemy
10.   He Will Fight Savagely


Voto del redattore HMW: 4/10
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Fino a dove siamo disposti a spingerci per trovare noi stessi? Quanto siamo disposti a rischiare per trovare la nostra identità? Forse questi sono alcuni degli interrogativi che hanno accompagnato i Vitriol durante la scrittura del loro ultimo disco, Suffer & Become.

Le tipiche sonorità disturbanti del gruppo si ritrovano fin dalle prime note di “Shame And Its Afterbirth”, che prosegue con la consueta durezza travolgendo l’ascoltatore che tendenzialmente non avrà più possibilità di riprendersi per i successivi cinquanta minuti. L’opera procede infatti con “The Flowers Of Sadism”, nel corso della quale la voce del cantante Kyle Rasmussen sembra rincorrere a perdifiato le insostenibili velocità del batterista Adam Roethlisberger. Una tendenza all’esagerazione che non abbandona i Vitriol per tutta la durata dell’album, neanche su brani meglio strutturati come “Survivals Careening Inertia”, pezzo interamente strumentale che spicca con decisione sulle altre tracce offrendoci i quattro minuti e trenta migliori del disco, e “Weaponing Loss”, che ha dalla sua un sorprendente cambio ritmico sul finale, variegato ed interessante.

I brani successivi riprendono l’atteggiamento dei primissimi e, reduci da “Locked In Thine Frothing Wisdom”, dobbiamo obbligatoriamente fare un ragionamento sulla linea melodica (per così dire) del cantato. La vocalità di Rasmussen, tecnicamente allenata e pronta ad esplodere all’interno di ogni brano, ci raggiunge infatti così ostentatamente ruvida da risultare piatta e dalla dinamica totalmente assente e poco stimolante. Se è vero che c’è un girone speciale all’inferno per chi spreca un buono scotch (come ci ricorda Michael Fassbender in « Bastardi Senza Gloria »), dovrebbe esistere un girone anche per chi rende i testi delle proprie canzoni incomprensibili all’ascolto. L’intento non è qui criticare una soggettiva e rispettabilissima scelta stilistica, piuttosto sottolineare come questa scelta si possa rivoltare contro gli autori delle canzoni stesse, che vanno a disperdere il proprio intento comunicativo nell’atteggiamento esagerato ed estremo degli arrangiamenti proposti. La voce è infatti solo la punta dell’iceberg compositivo (metafora adeguata alla totale freddezza dell’opera). Le chitarre e la sezione ritmica sono estenuanti, specialmente su pezzi come “Nursing From The Mother Wound” e “Flood Of Predation”, rendendo a dir poco complicato l’approccio ad essi.

L’album sembra riprendersi con una più equilibrata “I Am Every Enemy” per poi terminare con “He Will Fight Savagely”, caznone quasi paradigmatica del combattimento che il gruppo americano affronta di continuo per abbattere ogni barriera sonora e raggiungere un nuovo livello musicale all’insegna delle sonorità estreme. Un disco senza dubbio coraggioso e audace, quasi futurista nel fine e nei mezzi impiegati. Una venerazione incondizionata per la velocità fine a sé stessa, con virtuosismi resi complessi da un esercizio tecnico senza apparente logica, che saprà forse soddisfare gli amanti del genere ma, se da un lato si può apprezzare il coraggio dell’opera, dall’altra dobbiamo onestamente riconoscerne una mancanza di calore, colmata solo a tratti da una buona penna.

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