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I The Treatment provenienti direttamente da Cambridge, in Inghilterra, nascono nel 2008 e si fanno le ossa suonando, nello stesso palco, con gruppi importanti come i Thin Lizzy, i Kiss, i Motley Crue e Alice Cooper. Adesso dopo tre anni dall’ultimo album in studio Waiting For Good Luck ritornano in pista con il quinto disco intitolato: Wake Up The Neighbourhood. Il sound proposto è sempre un classico hard rock degno di nota e di ascolto, che il cantante Tom Rampton, i chitarristi Tao e Tagore Grey, il bassista Andy Milburn e il batterista Dhani Mansworth (figlio del famoso Laurie Mansworth degli Airrace) propongono fin dall’inizio con rumore, entusiasmo e una vera e propria attitudine rock. Questa loro caratteristica la si sente subito nell’elettrizzante singolo “Let’s Wake Up This Town”; pezzo influenzato enormemente dai canguri australiani degli AC/DC e da ascoltare la mattina appena alzati dal letto per ricaricare le batterie. La rauca e straordinaria voce di Rampton (molto simile nell’occasione a quella di Brian Johnson) sfonda i timpani ed è accompagnata dalle voci corali dei suoi compagni. La sezione ritmica è martellante ma i trituranti riff di chitarra dei fratelli Grey non lasciano scampo. Insomma, una vera e propria sveglia sonora di puro rock e dal songwriting contagioso anche se privo di originalità. In generale questa affermazione si può estendere a tutta questa nuova raccolta ma quello che veramente conta è farsi prendere dal ritmo e dalla passione coinvolgente di questi cinque disturbatori seriali.
“Volevamo creare un album che rendesse omaggio all’era d’oro del rock ‘n roll infondendo al contempo il nostro tocco moderno. Con Wake Up The Neighbourhood ci siamo spinti verso nuovi traguardi e abbiamo realizzato un album di cui siamo veramente orgogliosi”. afferma la band.
L’ardente fiamma del loro rock and roll continua poi con la sexy, “Back To The 1970’s”, una traccia ottantiana alla Deep Purple, ben ritmata e dal groove abbastanza funk, che si mescola con tutta la potenza del rock britannico trovando il culmine nel piacevole e super orecchiabile ritornello. La successiva e cadenzata, “When Thunder & Lightening Strikes”, è tenebrosa ma allo stesso tempo molto melodica. I solidi riff delle due sei corde elettriche sono intermittenti, inquietanti e guidati con precisione da una cupa e furibonda sezione ritmica. Qui Tom canta divinamente e in modo sinistro su uno sfondo sonoro quasi orientaleggiante per una song veramente incredibile e coinvolgente soprattutto nel finale. Con la frizzante ed energica, “This Fire Still Burns” i The Treatment alzano l’asticella aumentando il ritmo e la velocità esecutiva dei loro strumenti. Le ruggenti e taglienti chitarre elettriche si sbizzarriscono in prolungati ed energici assoli al fulmicotone, che riportano ancora indietro nei mitici anni ’80 quando i fantastici Motley Crue dettavano legge con il loro sbarazzino e trasgressivo hard rock. Invece l’intro di “Man On The Highwire” sembra imitare il rock sessantiano degli indimenticabili Doors di “Light My Fire” ma questa percezione dura poco perché la band, con dei fragorosi e crudi riff di chitarra, si sposta su un rock più aggressivo e possente, mantenendo sempre una base funky abbastanza moderna. Dopo tutta questa carica emotiva e adrenalinica gli artisti inglesi cadono nell’errore di proporre la solita forzata ballata che spezza il ritmo ma che a conti fatti non porta niente ad un disco che era partito alla grande. “I Can’t Wait No Longer” in verità non è un brano malvagio perché in fondo è molto carino e sdolcinato, ma non rispecchia la strafottenza e la forza di un gruppo che da il meglio di sé quando picchia i suoi strumenti. Song dalle forti ed emotive armonie in cui il vocalist abbassa le sue stridenti tonalità vocali addolcendo un po’ la sua ottima ugola in un sottofondo sonoro infarcito di rock, funky e AOR di stampo statunitense. Per fortuna le danze riprendono con “Don’t Make No Difference To Me”, canzone caratterizzata da squallidi riff di chitarra e da un arrangiamento che sa molto di Motorhead. Tom è ancora fantastico con le sue imperturbabili e aspre corde vocali che sembrano vagamente imitare un grande del passato come il rimpianto Lemmy Kilmister. Piace la grintosa e insolente, “Fire Me Up”, dove gli striduli e incisivi riff chitarristici guidano il pezzo in modo energico e travolgente grazie anche ad un riuscito ed orecchiabile ritornello. “Free Yourself” rallenta un po’ ma fonda sempre le sue fondamenta sui ruvidi e grezzi riff chitarristici dei gemelli Grey e da un ritmo costante in cui emerge l’armonica timbrica del vocalist anglosassone, culminante poi in un melodicissimo e simpatico ritornello dalle influenze tipiche della west coast americana. La penultima “Kick You Around”, dai croccanti e carnosi riff chitarristici, mette in evidenza, a parte ancora la trascinante voce di Tom, una potente e battente sezione ritmica capace di sostenere le due robuste e massicce chitarre elettriche. L’ultima e diretta, “I’ve Got My Mind Made Up,” è un semplice rock and blues senza infamia e senza lode dal refrain allegro e trascinante ma sempre molto vicino alle sonorità californiane degli indimenticabili eighties. Nel complesso i The Treatment più che una band inglese sembra un gruppo americano fondato più di quarant’anni fa e formato da giovani musicisti amanti del rock, dell’hard rock, del blues, del funky e dell’AOR, che suonano senza vergogna le influenze stilistiche delle grandi band del passato. In pratica vogliono e riescono a riaccendere quella scintilla; quel sentimento iniziale di ribellione che tanto ha reso famoso e unico il rock nel mondo. Una musica senza fronzoli, divertente, sfrenata e spavalda, suonata senza pretese e a tutto volume per rompere le balle agli odiati vicini di casa. Lasciarsi andare con le loro canzoni non è poi così male! Se si sforzassero di trovare anche una propria personalità sarebbe ancora meglio.



