SELBST – Despondency Chord Progressions

Titolo: Despondency Chord Progressions
Autore: Selbst
Nazione: Venezuela
Genere: Black Metal
Anno: 2024
Etichetta: Debemur Morti

Formazione:

N (aka Jhonathan Villamizar)        Chitarre, Basso, Voce

Ospite
Jonathan Heredia       Batteria


Tracce:
  1. La encarnación de todos los miedos          05:30
  2. When True Loneliness Is Experienced     08:22
  3. Third World Wretchedness                         05:54
  4. Chant of Self Confrontation                        05:01
  5. The One Who Blackens Everything           07:45
  6. Between Seclusion and Obsession             04:47
  7. The Stench of a Dead Spirit                         06:37

Voto del redattore HMW: 8,5/10
Voto dei lettori: 8.0/10
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Selbst, che in tedesco significa “se stesso”, è una one-man band proveniente dal Venezuela e trapiantata in Cile.

Questo è il terzo lavoro di N, al secolo Jhonathan Villamizar, e della sua incarnazione musicale. Personalmente il primo che ascolto.

Beh, vado subito al sodo : un lavoro notevole.
Non voglio lanciarmi in lodi eccessive o con un giudizio troppo netto visto il considerato che non ho contezza dei primi due dischi, però il livello qualitativo di quest’ultimo Despondency Chord Progressions è decisamente alto.

Ciò che stupisce maggiormente è la capacità di N di comporre canzoni con una personalità e una stratificazione nelle soluzioni melodiche e di arrangiamento che lascia a bocca aperta.
L’inserimento di componenti anche lontane dalle fondamenta puramente black dei pezzi, aumenta la profondità degli stessi, mantiene il livello di attenzione alto in chi ascolta e riesce ad essere sufficientemente fruibile nonostante una certa dose di imprevedibilità e schizofrenia.

Dopo l’iniziale  “La Encarnación De Todos Los Miedos”, per altro titolo che già trasmette perfettamente l’angoscia e il male di vivere che il nostro affronta, la sola “When True Loneliness Is Experienced” giustifica l’acquisto di questo gioiello. Con la sua intro melliflua e toccante, che paga certo un evidente dazio ai Pink Floyd (ma senza per questo scimmiottarli), per poi sfociare in tutta la sua pesantezza e drammaticità, racchiude tutte le paure, le angosce, la tristezza, il dolore nell’affrontare la caducità della vita, l’indifferenza della natura e l’ineluttabilità che è poi natura stessa dell’essere umano.

Ogni pezzo vive di vita propria, con un utilizzo di voci pulite sofferenti, malinconici e, allo stesso tempo, graffianti arpeggi distorti a creare melodie caratterizzanti, assoli, aperture melodiche. Un florilegio di malessere e peso sullo stomaco, trasferito in musica, come fosse il braccio armato della propria sofferenza a guidare le dita sugli strumenti.

Penso sia difficile spiegare a parole quanto questo lavoro possa toccare l’anima degli ascoltatori, ma se anche non fosse, il comparto musicale è talmente sfaccettato e personale che potrebbe colpire anche chi non mastica black metal a colazione. Proprio perché, in fondo, i temi trattati e la pienezza di queste composizioni sono trasversali al punto da poter sfondare  alcune barriere.

Un album che non dovete lasciarvi scappare se il genere è il vostro pane quotidiano, un disco a cui dare almeno un’opportunità per tutti gli altri.
Tra i migliori di questo 2024.

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