Visualizzazioni post:72
È l’epica carica battagliera ritratta da Józef Chełmoński (eminenza polacca vissuta a cavallo tra il XIX e il XX secolo) su « Kazimierz Pułaski at Częstochowa » ad incorniciare il dipinto sonoro dei Synaxaria, affascinante mélange di folk metal e gothic metal che ascolti ripetuti e dilazionati non sono riusciti a sbiadire. Stretti in una formazione che sul palco necessariamente si dilata, e con le redini ben salde nelle mani e mente di Dzmitry Kramoushchanka (compositore ed unico arrangiatore), il trio ha all’attivo una quantità di dischi arduamente compendiabile e la sua biografia cita trascorsi “romantici” ed “industriali”. Grazie al cielo, Rzeczpospolita è – appunto – piovuto in redazione in uno dei momenti di scoramento assenza di stimoli recenti.
Ammiro la disinvoltura con la quale i Synaxaria si muovono lungo terreni che amalgamano melodie e fronti metallico-estremi.
La solenne “On Niasvizh Yard (Intro)” spiana il campo di battaglia ed è poi l’incalzante folk metal da birreria di “Panie Kochanku” a condur nel vivo della scaletta. Un giro folk di tastiera se la gioca con uno industrial metal (termine abominevole, ma giusto per capirci) alla chitarra: siamo a “Curse Of The Tatar Cemetery”. La voce maschile è aspra, quella femminile ferma ed eterea. Il brano è praticamente perfetto.
“The Swedish Hill” contiene una delle progressioni armoniche più trascinanti mai ascoltate in una vita di musica e, lo ripeto ogni volta mi trovi a far tali dichiarazioni, io detesto le iperboli – fatte salve quelle al nobile servizio dell’ironia. È come se Tales From The Thousand Lakes si sovrapponesse ad una variante più veloce di Icon. La voce è profonda e la somiglianza con quella di Tomi Koivussari mi fa saltare dalla sedia di vivo legno.
Con “Tavern Near Mir” siamo nuovamente alle prese col folk metal, ora non festaiolo tuttavia incalzante come si conviene.
Amon Amarth, Amorphis e Falkenbach: la chiave per accedere a “Scott Ferguson The Brave”; le porzioni sepolcrali della voce iniettano dosi letali di nostalgia. Giri moderni su “Pan Potocki” (il fischio maschio senza rischio e grandi melodie su ponte e ritornello) e “The Underground Bell”. “Captured Land” non aggiunge né toglie tanto alla media di un disco che alla media è invece superiore.
Sono attratta, fin sedotta. Bello… bello, bello, bello, bello. Bello.