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Da un po’ di anni il rock melodico sta passando un bel momento musicale con tantissime uscite discografiche e tantissimi gruppi di alto livello. Se gli Stati Uniti sono la patria del puro AOR, anche l’Europa non scherza, perché a parte la conosciuta Inghilterra, il genere si è sviluppato soprattutto nei paesi scandinavi con in prima fila la fredda e civile Svezia. I Daytona sono l’ennesimo super gruppo, frutto di questa lontana e fertile terra, grazie anche all’appoggio della casa discografica britannica Escape Music che da fiducia a questo nuovo progetto rock. Il gruppo è formato da Fredrik Werner (Osukaru, Air Raid), dal chitarrista Erik Heikne e dal bassista Niclas Lindblom entrambi dei Miss Behaviour, dal tastierista Johan Berlin (ex Eclipse, TimeScape) e dal batterista Calle Larsson (ex Sarea, Death Wolf). Garder La Flamme è il titolo francese dato a questo bel raffinato debutto discografico, dal sound ottantiano, realizzato da esperti musicisti supportati da una sfarzosa e moderna produzione.
Il viaggio di questa nuova band dal periodo d’oro dell’AOR e dell’hard rock di fine anni ’80 ad oggi lo si sente immediatamente con il vivace apri pista di “Welcome To The Real World”. Questo è un pezzo dal ritornello orecchiabile e dallo stile tipicamente americano, dove la calda e rassicurante voce di Fredrik Werner sembra quella ammaliante dell’ancora eccezionale di Steve Overland degli FM. Idem per la melodia e gli arrangiamenti che sembrano usciti da un disco degli stessi FM o degli statunitensi Giant. Ovviamente, nulla di nuovo sotto il cielo stellato del melodic rock internazionale che vede la successiva “Kelly”, continuare sulla stessa lunghezza d’onda con un buon ritmo ed un avvolgente e melodico refrain guidato dalle pennellate colorate del tastierista Johan Berlin e dai fantastici giri di chitarra elettrica del bravo Erik Heikne.
Il chitarrista esprime anche il suo virtuosismo in curati, prolungati e robusti assoli chitarristici anche in una leggera ballata, dal tocco tipicamente scandinavo, intitolata: “Through The Storm”, dove l’ottimo singer svedese canta e interpreta il pezzo in modo sentimentale e convincente. A parte le tastiere, che danno gusto e brillantezza all’armonia delle canzoni, i Daytona aggiungono poi in “Downtown” un suono di sassofono creato forse dai sintetizzatori, ma che introduce bene e in modo sdolcinato un brano movimentato e molto melodico accompagnato sempre dalla propositiva e robusta sei corde elettrica di Erik. La chitarra elettrica e la ossessionante keyboard continuano a creare momenti ambientali anche nella cadenzata e corale, “Looks Like Rain”, contrassegnata da un pulsante basso e da un armonico refrain che unisce suoni AOR ad altri più hard indirizzati dai prolungati assoli chitarristici di Heikne. Nell’emozionante ballata, “Time Won’t Wait”, a dispetto delle prime tracce, i ragazzi riescono a creare un’atmosfera rilassante e melanconica in cui il commovente e melodicissimo ritornello arriva dritto al cuore lasciando un senso di calma e di pace interiore. Il vortice di AOR proveniente dalla Westcoast americana prosegue nella vivace, “Town Of Many Faces”, in cui si sente ancora il sassofono mischiato a tocchi sinfonici di tastiera, un magnifico coro e lo stile inconfondibile dei Foreigner.
Fredrik Werner è un cantante eccezionale e non lo si scopre certamente in questo disco, almeno per chi lo conosce. Probabilmente nella title track, dall’approccio progressivo, si esprime ancora con più sentimento sciorinando tutto il suo vasto repertorio vocale. La sua ruvida timbrica vocale può diventare molto acuta, ma sinceramente il vocalist dà il meglio di sé nei registri bassi e medi come in quest’ultimo pezzo in cui è accompagnata da un seducente pianoforte e da una spigolosa e allo stesso tempo mielosa chitarra elettrica. Nella terzultima, “Slave To The Rhythm”, i cinque musicisti alzano il ritmo con intermittenti riff chitarristici e con la solita e orchestrale tastiera accompagnata da una veloce e precisissima sezione ritmica. Anche qui il ritornello melodico è orecchiabile ma più radiofonico e più assimilabile rispetto a quello delle altre song dell’opera. Nell’ultima scorrevole e dinamica, “Where Did We Lose The Love”, la band riesce a creare varie ambientazioni e alcuni stacchi dove si mette in luce la funambolica e veloce chitarra elettrica del bravo Heikne. Colpisce, a parte il riuscito e melodioso ritornello, come gli svedesi trasmettano una sincera passione e una grande positività figlia di quei favolosi anni’80 in cui il rock melodico e l’hard rock spadroneggiavano nelle radio e nelle classifiche internazionali.
In conclusione, Garder La Flamme, è un debutto ben riuscito che trabocca di melodie, di qualità sonore, compositive e produttive che possono contare sull’esperienza di esperti e talentuosi musicisti. Di contro, nonostante le buone melodie, alcune canzoni vanno ascoltate attentamente e più volte per essere ben assaporate e poi l’originalità è ancora lontana dall’essere raggiunta. Ma questo è attualmente il tallone d’Achille della maggior parte dei gruppi di melodic rock del mondo e difficilmente superabile. Per il resto “la fiamma” del rock melodico è ancora mantenuta ardente in questo conclusivo e interessantissimo 2024.