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“È fantastico condividere finalmente il nuovo album, un vero riflesso del nostro percorso come band. Nel corso degli anni, abbiamo esplorato sonorità diverse, ci siamo sfidati creativamente e abbiamo spinto i limiti per trovare l’essenza di ciò che siamo. Attraverso la sperimentazione e la crescita, abbiamo plasmato la nostra identità e The Ascendance rappresenta il culmine di questo processo”, afferma il cantante Alexander Strandell.
Sinceramente non ci si aspettava un salto di asticella così netto e così convincente con il nuovo e quinto disco in studio The Ascendance degli svedesi Art Nation che obbiettivamente, due anni fa, non avevano convinto a pieno a livello creativo. È vero che si erano riformati e che Inception doveva essere un nuovo inizio ma in questo nuovo lavoro sembra veramente di sentire un nuovo corso artistico. Proprio il nuovo singolo “A New Beginning” apre le porte a questa importante rinascita puntando su un sound fresco e moderno ma sempre potente e melodioso. Qui Strandell con la sua voce emotiva e le sue intense tonalità riesce a trascinare un ottimo e maestoso refrain arricchito da grandi cori medievali e micidiali assoli chitarristici. Oltre al bravissimo vocalist troviamo nella band il produttore e chitarrista Christoffer Borg, il bassista Richard Svärd e il batterista Alexander Lundgren che completano un’ottima formazione che suona un moderno hard rock melodico di stampo scandinavo caratterizzato da una cascata di campionatori. I potenti arrangiamenti e le coinvolgenti melodie cominciano già dalla prima e veloce: “Set Me Free”, in cui il quartetto spinge l’acceleratore verso un sound vicino al metal senza perdere però il proprio marchio di fabbrica con dirompenti e melodiosi synth tipici del power metal. Canzoni come la super orecchiabile e sinfonica “Halo”, l’energetica e rapida “Thunderball” dall’epico ritornello o la maestosa e vorticosa “Unstoppable” sono esempi perfetti di come i ragazzi stiano passando un ottimo momento creativo mischiando precisione tecnica e passione pura. In generale tutte le tracce durano pochi minuti il che evidenzia un altro punto di forza degli Art Nation, ovvero l’essenzialità della loro scrittura che non stanca e permette di seguire bene e con attenzione tutti i pezzi. Canzoni d’impatto dove non c’è nulla di superfluo ma dove vince la qualità melodica così come avviene nei connazionali Eclipse e H.E.A.T. Nella parte centrale spicca l’apertura a cappella di “Runaway” e la potentissima sezione ritmica capeggiata dal batterista Lightbringer. L’esplosione di grandi cori e un facile e piacevole ritornello sostenuto da leggeri riff chitarristici ne fanno un pezzo molto riuscito e accattivante. Egregie, le eccezionali capacità chitarristiche di Borg che con il suo tocco raffinato e melodico lascia un’impronta inconfondibile alla band. Con la personale ballata “Julia”, anche la pulita e sentimentale ugola di Alexander brilla di luce propria lasciando il segno in una canzone guidata da un sentimentale pianoforte. Il lento è robusto e sottile allo stesso tempo grazie ai cori e ai prolungati e stratificati assoli di chitarra elettrica che fanno venire la pelle d’oca in tutto il corpo.
Strandell descrive come questo brano sia dedicato alla sua compagna: “Spero che gli ascoltatori possano percepire la sincerità e l’emozione in ogni parte del brano”.
Che i vichinghi abbiano raffinato la loro arte lo si ode ancora nella coinvolgente ed elegante “The Last Of Us”, pezzo orchestrale e sinfonico ricco di cambi di tempo e di epiche atmosfere incanalate dagli energici giri di chitarra dell’ancora virtuoso Borg e dalla melodicissima e acuta voce del singer scandinavo. I cori sono sempre potenti ed epici accompagnati da spavaldi sintetizzatori e guidati dalla voce strepitante di Alexander. Il successivo e robusto “Lightbringer”, sviluppa un ambiente cinematografico arricchito non solo dal metal melodico ma anche da elementi di puro AOR. La perizia principale dei nordici è saper bene bilanciare la pesantezza della chitarra elettrica con l’accessibilità melodica della tastiera e della timbrica del vocalist. Ne sono ancora un altro grande esempio le finali “Rise” e “Fallout”, dove il solido sound si fonde con melodie potenti e orecchiabili. Se poi aggiungiamo i meravigliosi e gli impressionanti assoli del guitar hero Borg, allora si capisce perché gli Art Nation possano competere per essere una delle migliori band di hard rock melodico scandinavo e non solo. La prima è indirizzata dal basso e dalla batteria con un’armonia di base saldamente radicata nel rock melodico classico per via della solita sei corde elettrica di Christoffer il cui stile tagliente è aumentato, rendendo il tutto leggermente più metallico. La seconda è invece più contemplativa, sinfonica e con un grande ritmo che non porta mai a momenti di noia culminando in un familiare e frenato ritornello abbellito però dalla voce del cantante e dai soliti cori dei compagni. Inutile parlare degli assoli chitarristici perché stratosferici anche qui! In conclusione, quello che piace di The Ascendance, a parte la ritrovata vena creativa, è la cura nei dettagli di tutte le undici composizioni che non sono mai banali. Certo, in alcune parti si odono dei suoni familiari magari già sentiti ma l’abilità melodica di questi quattro ragazzi è indiscutibile e superlativa. L’ascesa è cominciata mettendo da parte il puro AOR e andando verso sonorità più forti ma sempre melodiche. Visti poi dal vivo al Frontiers Rock Festival di quest’anno hanno dimostrato, seppur con mille contrattempi, tutto il loro valore e di avere grandi capacità tecniche. Il passato è ormai alle spalle. Adesso gli Art Nation guardano con fiducia al proprio futuro.