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Pillole d’Acciaio, edizione 2025. La redazione di Heavy Metal Webzine continua nella missione di aumentare il numero di recensioni!!!
Premessa: negli ultimi anni sono aumentate in modo esagerato le pubblicazioni musicali (in ogni settore). Solo nel genere heavy, che include una miriade di sottogeneri ed un quantità esagerata di gruppi underground, sono decine di migliaia i demo, gli EP, gli album…Impossibile seguire tutto? Certo, soprattutto se ci si allontana dai gruppi TOP e si scende verso l’oscurità. Ci sono artisti validi che passano in secondo piano e potevamo noi forse dimenticarli? NO!
Da qui la necessità di creare una serie di articoli/pubblicazioni oltre la classica recensione, che prevede ascolti e tempi di realizzazione più lunghi. Una sorta di breve presentazione di artisti ed uscite, come una volta si poteva trovare sulle riviste di settore.
Ricordatevi di ascoltare il nostro Dottore. Benvenuti a Pillole D’Acciaio!!!
Idmon’s Aegis – Under The Auspices Of Idmon (Eat Metal Records)
Ad inizio marzo l’etichetta di Atene Eat Metal Records ha dato alle stampe un trittico di album con cui veicolare agli ascoltatori altrettanti modi differenti di interpretare l’epic heavy metal ma con, in comune, il gusto e la passione che la terra di origine dei tre gruppi pubblicati, ovvero la Grecia, riserva al genere: da quello muscolare di “Chaos Fire Vengeance” dei Dragon Skull recensito da Fabio Perf, a quello un poco più ricercato di “The Lorekeeper” degli Stygian Path, analizzato per HMW da René Urkus. E il terzo? A completare la triade ellenica ecco gli Idmon’s Aegis con il loro “Under The Auspices Of Idmon”, disco di debutto che si muove su sonorità dalle atmosfere più arcane, solenni e stentoree, influenzato da gruppi come Manilla Road, certi The Lord Weird Slough Feg, i nostrani DoomSword ed i greci Wrathblade – con cui gli Idmon’s Aegis condividono l’ottimo e caratterizzante cantante Nick Varsamis. Forte di una buona produzione con dei suoni adeguati alla proposta, “Under The Auspices Of Idmon” non è affatto un disco di immediata assimilazione: al contrario, va ascoltato più volte e senza fretta per poterne apprezzare le sfaccettature e la carica evocativa di cui sono intrisi gli otto brani di cui si compone. Personalmente, trovo che la qualità dell’album sia piuttosto alta: se avrete la pazienza di concedergli il giusto numero di passaggi, pezzi come “Divine Providence”, “Warlord’s Return”, “Ceryneian Hind” e “Fare to Fame Eterne” sapranno emozionarvi! (Luca Avalon)
Strega – Stryx Strega Strygae (Masked Dead Records)
Gli Strega ci presentano il loro nuovo progetto, nato da musicisti dell’ambiente italiano in band come Ponte Del Diavolo, Darkend e The Headless Ghost. Una copertina che non può che attirare l’attenzione (realizzata da Renato Florindi), e collegarci subito a quell’ambientazione tipica del dark fantasy, ed un sound che richiama gli anni ’80. Genere? Viene definito “blackened heavy metal” in quanto ci sono richiami strumentali a Judas Priest, Iron Maiden, King Diamond, Bewitched ma accompagnati da una voce tipica black metal. Pregevoli i passaggi strumentali delle chitarre come anche l’inserimento di tappeti con la tastiera per rendere tutto ancor più misterioso e sinistro. Nota importante: si sono inventanti una “lingua” chiamata Arrakyan, un fattore che li caratterizza ed identifica. Sono solo tre i brani presenti in questo EP, circa quattordici minuti di musica che vi farà dire “ne voglio ancora”. Forse il più riuscito è “Til-Aar Hyleventïdar”, perchè con una dose maggiore di atmosfere ed impostazioni della voce differenti. Attendiamo con Ansia un disco, non fateci aspettare. (Lele Triton)
Hateworld – Return to Earth (Punishment 18 Records)
Secondo album per i torinesi Hateworld che, senza badare a mode o compromessi, ci regalano cinquanta minuti di puro thrash metal. Prendere o lasciare. Un consiglio: prendete e ascoltatene tutti … Senza dilungarmi in liturgie religiose, questo è un buon disco, suonato con la giusta padronanza e prodotto con la dovuta competenza dalla Punishment 18 Records. Già dal disegno di copertina e dal titolo, Return to Earth, il messaggio è chiaro. Un forte richiamo al valore assoluto della natura contro la devastazione che su di essa l’essere umano sta compiendo. Diamoci una svegliata e cerchiamo di fare qualcosa per porre fine a questo scempio. I brani hanno una durata media di cinque minuti, con la punta di otto di “Out Of Order”, che da solo vale l’intero album. La mia diffidenza verso i pezzi di questa durata l’hanno spazzata via con un tocco magistrale e con grande esperienza. E, come a farlo apposta per smentire la mia avversione a tutto ciò che vada oltre i cinque minuti (beh, non proprio tutto…), “Biological Healing”, sei abbondanti, si guadagna la seconda piazza. Altro brano dal tiro devastante. Unica cosa che non ho capito sono gli acuti vocali in “Abomination Truth”, sinceramente, non so, non riesco ad inquadrarli, ma ciò non toglie nulla al buon lavoro fatto con la propria ugola da Felix, interpretativa e “cattiva” quanto basta. Le canzoni sono strutturate in maniera classica, ma con la dovuta completezza e fantasia che, insieme al sapore del thrash classico in pieno stile album anni ottanta, riesce a trascinare e immergere completamente l’ascoltatore nelle atmosfere ciniche e asfissianti di Return To Earth. Ve la siete presa comoda, nove anni, per fare uscire il seguito di Mass Deception. L’attesa è stata ripagata. Bravi Hateworld. (Piervittorio Sabidussi)
Helvitnir – Wolves Of The Underworld (Dusktone Records)
Esercizio facile facile: prendete quattro musicisti vestiti di nero dalla Norvegia, metteteli in una stanza e fateli suonare. Ecco, probabilmente produrranno un disco black metal, bello grezzo e tirato. Il debutto degli Helvitnir era atteso, dopo l’ottimo EP “Helborn” pubblicato nel 2024, non solo per la qualità della musica proposta ma anche per i nomi presenti nel progetto; alla batteria Hellhammer (serve una presentazione?), alle due chitarre Ihizahg (ex Perished – ex Ragnarok) e Bjarkan (Myronath – ex Ragnarok), Hellcommander Vargblod per voce e basso (Myronath – ex Ragnarok). In questi nove pezzi c’è esattamente tutto quello che serve, violenza ed oscurità, poco spazio per le finezze e riff nordici accompagnati da una sessione ritmica devastante. Con più attenzione possiamo percepire qualcosa di più, le chitarre producono intrecci melodici interessanti, qualche intermezzo rallentato, chitarra acustica in sottofondo, tocchi di tastiere. Riferimenti che vanno da Immortal ai Ragnarok (abbastanza prevedibile), con un pizzico di Mayhem. Un buon disco, un debutto di sostanza e decisamente valido. Vedremo sulla distanza se riusciranno a crearsi uno spazio tutto loro, lontano dai nomi che portano. (Lele Triton)