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A sorpresa, dopo l’eccitante Alive del 2024, i sottovalutati Honeymoon Suite, una delle rock band più amate del Canada, ritornano in campo con un nuovo album proponendo il solito mix ottantiano di rock e hard rock melodico. Wake Me Up When The Sun Goes Down ha sempre lo stile distintivo del gruppo che fonda sempre la forza del rock con piacevoli ritornelli melodici e una produzione abbastanza moderna. Il quintetto è stato anche, di recente, protagonista in positivo dell’ultimo Frontiers Rock Festival, dove si sono comportati egregiamente dimostrando come ancora a settant’anni si possa dare tanto nella musica rimanendo fedeli al proprio genere e al proprio stile. Purtroppo, non hanno avuto tanto fortuna a livello commerciale ma nonostante due lunghe separazioni nell’ambiente internazionale dell’AOR si sono fatti un nome e un’ottima reputazione.
Derry Greham afferma: “Il nuovo album è nato piuttosto velocemente rispetto ad Alive. Non abbiamo dovuto affrontare una pandemia. Inoltre, il nostro produttore, Mike Krompass, era tornato in Canada, e questo ci ha avvicinati molto di più. Abbiamo registrato quasi tutto nello studio di Mike, fuori Toronto. Molte delle canzoni sono state scritte velocemente da Johnnie, Mike e me in studio, e penso che abbiano un suono dal vivo molto fresco, con un senso di urgenza ed entusiasmo. Avevo anche portato alcune idee molto più vecchie che abbiamo rielaborato e trasformato in nuove fantastiche canzoni. L’album è un classico HONEYMOON SUITE. Ogni canzone è diversa e fantastica a modo suo. È un album che crescerà con l’ascolto, e pensiamo che la gente lo amerà.”
La spiegazione di Derry è giusta e confermata dall’ascolto di questi, energici e introspettivi, dieci nuovi pezzi che, nonostante la brevità nel minutaggio, però nel complesso non raggiungono il livello del disco precedente. Probabilmente l’idea di battere il ferro quando è caldo li ha portati presto in studio per sfruttare il momento positivo e recuperare ciò che si è perso negli anni passati. Già nella prima e mediocre “I Fly” si ode il suono struggente della sei corde elettrica culminante con un potente assolo e la tipica voce sentimentale del bravo Johnnie Dee ma è nella successiva e pulsante “Way Of The World”, che abbiamo il primo sussulto grazie all’ottimo e coinvolgente ritornello. Si sente negli scoppiettanti riff la stessa atmosfera nostalgica che è ormai, da sempre, il loro marchio di fabbrica, come nel caso dell’altezzosa “Every Minute” in cui il cantato sussurrato e cadenzato del vocalist si adatta perfettamente agli alternati ritmi del brano che portano ad un armonioso ed entusiasmante refrain melodico. La sporca chitarra di Grehan è sempre protagonista di spunti vivaci ma anche ambientali che con la tastiera e la soffice voce del singer producono un miscuglio sonoro tra il robusto hard rock e il puro AOR tipico dei connazionali Harem Scarem! Non mancano naturalmente le ballate come la dolcissima e toccante “Way Too Fast”, basata sull’arpeggio chitarristico e un orecchiabile ritornello che strizza l’occhio al pop. Stupisce ancora la fresca e pulitissima timbrica vocale di Dee che sembra un esperto ragazzino dietro al microfono mentre l’amico alla chitarra un vero e proprio navigato guitar hero che non perde l’occasione di mettersi in luce. Lo stesso si può dire sull’altro lento, “Live On”, un altro esempio di puro AOR in cui il trascinante e orecchiabile ritornello e lo spettacolare assolo chitarristico valgono il costo del disco. Questi musicisti non sono soltanto degli inguaribili romantici ma anche dei veri propri rocker e lo dimostrano con tracce massicce e allegre. Basti ascoltare la corale e raffinata “Stay This Time”, per intenderci alla Def Leppard, che purtroppo viene interrotta all’improvviso per poi far partire in quarta la cadenzata e bluseggiante “Crazy Life” dai suoni polverosi e crudi arricchiti dalle rauche e melodiose corde vocali di Johnnie. La creatività comunque non manca nella radiofonica e fresca “Keep This Love Alive”, ripescata da un vecchio demo di cinque anni fa. Qui i canadesi mettono da parte il rock ruggente proposto negli ultimi due brani proponendo invece un più sdolcinato e raffinato ritornello. Il cantante ha ancora una voce molto potente e carismatica mentre l’altro membro fondatore Grehan dimostra ancora una volta tutta la sua classe e la sua abilità. Questo importante aspetto lo si avverte di nuovo nella penultima e semiacustica “Unpredictable”, song di rock and blues sorprendentemente orientata al funk e impreziosita da grandi e incisivi cori. L’ultima e incalzante “Ever Leave You Lonely”, offre gli standard suoni ottantiani fondati sui tocchi brillanti della tastiera di Peter Nunn ma purtroppo nulla di più interessante. A parte la grintosa chitarra elettrica e una battente sezione ritmica, frenata da alcuni momenti ambientali, il ritornello non decolla lasciando la canzone amorfa e incompleta.
Peccato perché a parte l’opener gli Honeymoon Suite si sono mantenuti su buoni livelli tra lenti, semi ballate e canzoni più dure beneficiando dell’ottima produzione di Mike Krompass (Steven Tyler, Theory Of A Dead Man, Smash Mouth), che aiuta i nordamericani a sagomare e a fondere piacevolmente il sound della band tra passato e presente. Rispetto all’anno scorso siamo di fronte ad un piccolo passo indietro che non deve far preoccupare perché questi ragazzotti canadesi sono ancora in piena forma e desiderosi di continuare a recuperare i troppi anni di inattività che inevitabilmente hanno segnato in negativo la loro carriera.