Copenhell 2025 Giorno 3 – Dream Theater, Soulfly, Carcass, Kreator, King Diamond, Billy Idol, Gåte, Trold, Planet Y


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Prologo

Croce e delizia, il venerdì di Copenhell è sempre una giornata intensamente esaltante. Anche quest’anno ne esco esausto ma felice. Programma denso, si inizia prestissimo, e vi anticipo un mezzo collasso pomeridiano, fiaccato dal caldo (per me) pazzesco.

 

Giorno 3: Olimpo Metal

Soulfly

Metal Roots


Ore 14.00, la bocca del vulcano si apre ed erutta la Metal Cumbia du Brazil.

Chase Bryant il Buono, Mike DeLeon il Brutto e i fratelli Cavalera nel ruolo dei Cattivissimi. Un bel quartetto che fa partire la giornata più metal del festival con un’esibizione linda.

I Soulfly non si riconoscono solo per un repertorio da paura, ma anche per una showmanship semplice ma efficace. Questo è metal, Max lo sa bene e dosa energia, fratellanza e divertimento con una formula alchemica ben perfezionata. Un’ora densa ma non forsennata, alleggerita da incursioni di ritmi sudamericani. Amici ma credibili, metal gods ma non pretenziosi. Il mood è tutto, e loro lo cavalcano con capacità e confidenza.

Non sono mastodontici come gli Exodus visti il giorno precedente, ma arrivati alla chiusura con “Eye For An Eye” siamo carichi, soddisfatti e ben impolverati. Abbiamo visto un’ora di grande metal, e ne voglio ancora.

 

 

Il chitarrista Mike DeLeon diventa il mio nuovo idolo, dovrebbe star buono alla destra di Mr. Cavalera, invece, gli ruba la scena con la presenza più visceralmente rock della giornata.

 

 

Trold

Fuoco alle danze

Baratto i norvegesi Gåte per i Trold, scelta sofferta ma oculata. I danesi del folk metal promettono uno show imponente, e quando una band locale va in grande io ci voglio essere.

Nel corridoio dei fotografi noto con piacere una folta fila di fire-machine e smoke-machine, mi lecco le dita: avranno forse rubato qualche giocattolo ai Kreator?

Il concerto parte subito veloce, 30 secondi e si iniziano a innescare i soffi di gas infuocato: vampata dopo vampata, siamo solo alla prima traccia e il pubblico urla e poga. Hot!

La band ci butta tutto fin dall’inizio: massimo sforzo e massima resa. Tra le fiamme, sembrano grondano schizzi di sudore dal palco. Il crowd-surfing si fa persistente, è ora di ritirarsi nelle retrovie.

Trold

 

I Trold non si prendono troppo sul serio nel proporre una forma di folk viking metal divertente e coinvolgente, ma questo show non è uno scherzo. L’allestimento e il dinamismo sul palco sono quelli di una grande formazione, ed è un evento speciale a cui portano anche ospiti.

Tra loro incontriamo anche la fisarmonica di Kristian (intervistato qui), con cui la band sembra condividere a pieno l’idea di folk metal. Deve essere di ottima fattura, coraggioso nello sperimentare e poetico se serve, ma non saccente. Che sia divertimento, se questo si vuole.

I vichinghi medievali non li ha incontrati nessuno, ma sono sicuro che durante le feste volevano divertirsi, non celebrare la propria vanità. Se così era, non è cambiato: tra il pubblico è stata una festa.

Fuoco al gas!

 

 

Gåte

 il richiamo del nord (Davide)

Io, ambasciatore della Generazione X classe 1976, mi stavo godendo una pausa all’ombra degli alberi nel villaggio VIP di Copenhell. Il sole di giugno scaldava tutto il festival, e quelle amache sotto la chioma frondosa erano un vero salvagente per noi che non siamo più ragazzini.

Ma poi è successo qualcosa di magico.

Un canto celestiale ha iniziato a filtrare tra le foglie, come il richiamo di una sirena nordica. Non era il solito fragore metal che domina Copenhell – era qualcosa di più antico, più profondo. Il mio cuore Gen X, quello che ha vissuto il grunge e ha attraversato tutti i cambiamenti del mondo, ha iniziato a battere in modo diverso.

Ho dovuto seguire quella voce.

Camminando verso il Pandæmonium, ho visto una folla rapita davanti al palco. Sul palco, una dea bionda con una voce che sembrava uscita dalle saghe vichinghe: Gunhild Sundli dei Gåte, i norvegesi che hanno trasformato il folk in pura magia.

Gåte

Questi ragazzi sono arrivati ultimi all’Eurovision? Chi se ne frega! Qui, nel tempio del metal, erano dei giganti. La voce di Gunhild si alzava come una preghiera pagana mentre suo fratello Sveinung faceva danzare le dita sulla nyckelharpa, creando atmosfere che ti portavano direttamente nelle foreste del Nord.

Ma la vera rivelazione è stato Magnus Robot Børmark alla chitarra – un pazzo scatenato che si arrampicava sui monitor, si contorceva sui palchi e trasformava ogni assolo in un rito tribale. L’ho visto scalare l’intera struttura del Pandæmonium e suonare appeso come un vichingo moderno!

Per 45 minuti ho dimenticato di essere un quarantottenne con la schiena che scricchiola. Ero di nuovo quel ragazzo che scopriva band nuove e sentiva il metal scorrere nelle vene come sangue giovane. I Gåte hanno preso il folk norvegese e l’hanno forgiato in qualcosa di epico, di potente, di assolutamente necessario.

Quando se ne sono andati, ho realizzato che avevo appena assistito a qualcosa di speciale. Non solo un concerto, ma una trasfusione di energia nordica che mi ha scaldato il cuore e riacceso quella fiamma che pensavo si fosse spenta con gli anni.

Grazie, Gåte. Avete reso questo vecchio metalhead di nuovo giovane.

Un’epifania folk-metallica nel cuore di Copenhell

 

Dream Theater

Petrucci Dream Skies


Sul divano di casa non ascolto quasi mai jazz e Dream Theater. Non me ne vogliate, riesco a gustarli solo dal vivo. Nello specifico, Petrucci e Portnoy sono stati puro godimento. 

D’altronde questo è il loro tour per i 40 di attività e vengono con le canzoni che vogliono loro, e si vede! I Dream Theater suonano con il gusto e il piacere di chi ama la musica che sta suonando. La loro passione è palpabile, concreta.

Arrivo al dunque. Quando una musica, seppur complicata, risale dallo stomaco fino al cervello con quel leggero formicolio sulla colonna, sai che sei davanti a un concerto di altissimo livello. E questo è stato per noi.

Vedo Davide che, sublimato dalle sensazioni, inizia a bofonchiare improperi. Questo è il segnale definitivo che l’immenso Petrucci ha catturato anche lui. Un’ora, start-to-end, nessun secondo sprecato: il tempo vola in un vortice sensoriale di accordi emotivi.

John Petrucci, Dream Theater

Il mio momento? una lunghissima Peruvian Skies impastata con ‘Wish You Were Here’ e ‘Wherever I May Roam’: due canzoni che non andrebbero toccate neanche con uno stecchino da qualsiasi altro artista, ma che loro possono arrangiare con successo.

In cameretta è più probabile che metta un disco dei Tool, ma se dovessi scegliere 4 ore di concerto tra questi due mostri del prog-metal, datemi i Dream Theater.

Mike Portnoy, Dream Theater

Non invidiamo chi dovrà smontare l’infinita batteria di Portnoy.

Invece invidio molto chi ha potuto averne due fantastiche ore alla data italiana di Taormina (qui)

 

 

 

Carcass

Ci hanno Carcassato.

 Ci hanno Carcassato.

Potrei aggiungere qualche riga giusto per fingere di essere uno scrittore, ma per me potrebbe iniziare e finire così. Anzi: inizia e finisce così.
Anche perché i Carcass hanno inventato il metal che suonano, e semmai, dovrebbero essere loro a commentare noi, e non viceversa. Insomma, hanno ragione a prescindere.

Jeff Walker, Carcass

Se volete sapere, andate a farvi Carcassare anche voi. Butto note e macchina fotografica. Butto me stesso nel pogo e ci si rivede tra un`ora di esaltante estasi Metal.

Giganti del metal, indescrivibili e inossidabili.

 

Planet Y

Brezza Punk

Il calore aumenta, la pressione scende. Inizio ad accusare il colpo del carcassamento fisico, della frenesia mentale dei Trold e dell’ascensione sensoriale dei Dream Theater.


Cerco ristoro e rifugio al BoneYard, dove si stanno esibendo i Planet Y dal palco allestito in un container. Gruppo punk storico legato alla Ungdomshuset di Copenhagen: qui siamo allo spirito di K-Town. Punk veloce e gridato tra il pubblico, ma con un sorriso sulle labbra.

Rinfresca e riconnette con una dimensione umana e semplice, di musica primitiva ma efficace.

Planet Y

Kreator

Ingegneria Pirotecnica


No, i Kreator non si saltano, me lo ripeto con tutte le ultime forze. Dal corridoio fotografi riesco ad ammirare e immortalare avanzati congegni di ingegneria tedesca detti lanciafiamme e mortai “Confetti”.
Alta gamma, carenati, firmati e customizzati. Chiamate gli ingegneri, o chiamate i pompieri!

Kreator

I Kreator si dimostrano solidi nella musica e nello show. Peccato che in questo assolato pomeriggio fuoco, coriandoli e botti non siano molto efficaci. 

Faccio il mio sporco lavoro, tento anche qualche spallata – poco vigorosa – la poca energia recuperata si dissipa presto. Necessito ripigliarmi con un po’ d’ombra.

Black Out tra le fiamme

 

Billy Idol

Sborone in the City


Niente foto di Billy Idol. Tutti volevamo immortalare il suo leggendario Labbro-Snodabile modello Elvis Presley, ma dobbiamo accontentarci del Sexy Tamarro del rock visto da lontano.

La visione di Billy Idol da vicino (con molto zoom)

“Accontentarci” è diminutivo: il settantenne londinese scombina ancora gli ormoni al pubblico, femminile ma non solo. Canta con l’aria arrapata di uno che è nel mezzo di un sogno erotico perenne. Lucidi vestiti di cuoio e acrilico, capelli a punte ossigenate sono marchio di fabbrica. Una dopo l’altra, tracce ostentatamente afrodisiache: “Eyes Without a Face” e “Flesh for Fantasy” distinguono un inizio smooth e sensuale.

Un lento e misurato crescendo fino a “Rebel Yell” prima della pausa. Ma per me il vero momento è l’encore con “Dancing With Myself” seguito da “Hot In The City”.

Stanotte c’è calore in città, Copenaghen!

Il tutto si riassume nell’iconico saluto finale:
“Thank you for making my life awesome”.

Sborone ma irresistibile, impossibile non sentirsi un po’ invidiosi.

 

King Diamond

Teatro Asylum


Dal loggione vedo andare in scena l’Opera Metal di King Diamond.

Kim da Hvidovre è a casa, gioca sicuro con uno spettacolo e una setlist ben rodata (recentemente recensita [qui] per la data di Milano), ma non perde l’occasione di mettersi comodo, mescolando inglese e danese negli intermezzi col pubblico, per lo più improvvisati.

Connettersi coi locali funziona bene, e anche se il ritmo del concerto è piuttosto rilassato (almeno per le mie membra esauste), ci si sente in famiglia. L’atmosfera casalinga viene suggellata dal rimedio della nonna a base di gocce di miele che Kim utilizza per lubrificare le corde vocali.

Armonia domestica.

Anche io mi trascino fino a casa.

 

A malincuore salto i Cabal per esaustione. Anche stavolta sarà la prossima volta, ma voi ascoltate questa band deathcore danese: sono assolutamente da tenere d’occhio.

 

Festival Extra: I vichinghi di Udgaard

Come ogni anno, non manca il rituale passaggio al villaggio vichingo di Udgaard.

Oggi arriviamo per pranzo. Ho l´acquolina, ma la cacciagione ha ancora penne e interiora: bontà per il braciere; sporco lavoro per le mani. 

Spuntino da frollare e spennare. No, non é vegano.

A poca distanza, nella tenda di Skin & Bone, Colin picchetta rune Old Norse sui nuovi norreni.

Skin & Bone – Colin Dale

 

Non possono mancare gli allenamenti all’arma bianca in onore dell’Idaslet.

Gli immancabili guerrieri vichinghi, praticamente le guardie svizzere di Copenhell

 

LINK agli artisti

 

Soulfly (web, Video)

Trold (web, Video)

Gåte (web, Video)

Dream Teather (web, Video)

Carcass (web, Video)

Planet Y (web)

Kreator (web, Video)

Billy Idol (web, Video)

King Diamond (web, Video)

 

LINK agli altri giorni

Giorno 1: Fiamme

Giorno 2: Cani Sciolti

Giorno 4: Sabbia e Sudore

 

Crediti e ringraziamenti

Foto: Stefano_c_o & Davide Bonavida

Scrittura: Stefano_c_o & Davide Bonavida (Gåte)

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