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“Exitium” rappresenta morte, rovina, distruzione. All’udire questo termine latino e conoscendone il significato, già vediamo l’eminente Duca Conte Semenzara giungere al grido di “menagramo d’un menagramo!“, rivolto all’attenzione del nerboruto lider maximo nederlandese (di evidenti origini italiche), che ha scelto il suddetto sostantivo quale titolo della nuova uscita targata Pestilence. Inoltre, “Exitivm” è in questo frangente sinonimo di Agonia (Records), etichetta polacca che ha offerto i suoi servigi alla band.
Come nella miglior tradizione (chi ha detto “Mallevs Maleficarvm”?), la “u” viene sostituita da una “v”, distinzione non contemplata dai fruitori dell’antico idioma. Ai latinisti l'”arduo” compito di verificare la correttezza di titoli e loro declinazioni (gli strafalcioni non mancano, e tra i più recenti si lascia ricordare, oltretutto non certamente in modo memorabile, un certo “Illud…” d’oltreoceano).
È invece il terrore strisciante, lo stesso che, per i meno avvezzi all’immaginario di uno dei massimi maestri dell’orrore, si annida anche fra le parole di 4 ex cavalieri provenienti da Frisco, a impadronirsi della mente e del corpo del sostenitore dei Pestilence prima dell’ascolto di un nuovo lavoro. “Cosa avrà combinato Mameli stavolta?“, “Ricorderà i fasti di Testimony…?“, “Mi può andare anche un album sulla falsa riga del precedente“, sono solo alcuni degli interrogativi che potrebbero stamparsi in testa.
Parentesi subordinata a palese soggettività: non aver apprezzato “Hadeon”, uscito per la Hammerheart Records nel 2018, album che aveva risvegliato umori sopiti da tempo, o ritenerlo semplice compitino per ingraziarsi fan di vecchia data, comporta per contro l’appartenenza alla schiera degli irriducibili inappagabili, alla costante denigrazione dell’ultimo arrivato; insomma, il classico disfattista cronico che a distanza di 30 anni ancora si atteggia con frasi del tipo “No Von Drunen no party”, o l’ancora più eclettico “No Foddis no party”.
Inutile nasconderlo, la stessa sensazione che si prova con tutti quei nomi talmente importanti da aver dettato regole a generi con innegabili capolavori dal passato la si percepisce anche con i Pestilence, quindi il nostro Mameli si metta il cuore in pace, consapevole di dover convivere per sempre con questo ingombrante ruolo (alzi la mano chi non lo vorrebbe). Lo stesso tuttofare non si è mai esentato dal ringraziare ed omaggiare i suoi miti, e ancora una volta lo stile (in particolare a livello solista) del chitarrista olandese omaggia ancora una volta il maestro e mentore Allan Holdsworth, a tal punto da essersi ormai tramutata in caratteristica peculiare.
Per non cadere nel tranello del traccia per traccia, spesso esercizio complesso e poco rappresentativo del lavoro preso in esame, tralasciando le classiche intro e outro che avrebbero potuto risolversi in metà del tempo (una voce dal fondo della sala grida “anche meno!”), è d’obbligo quantomeno enfatizzare con un cliché d’antan che “Exitivm” è un album che “non lascia prigionieri”, dove le dissonanze si sprecano, e quando la band si lancia in corse mozzafiato (“Morbvs Propagationem”, “Internicionem”, “Immortvos”, giusto per citare alcuni episodi), mostra un’invidiabile classe da vendere a distanza di eoni dai propri esordi, simbolo di una maturità ormai raggiunta ed assodata. Da non sottovalutare la durata dei brani, ognuno al di sotto dei 4 minuti, perfetta per non stancare e tenere sempre l’ascoltatore col fiato sospeso.
Con buona pace d’anima, ben pochi avranno l’ardire di definire “Exitivm” alla stregua di un capolavoro, ma d’altro canto sarebbe dannatamente ingiusto nei confronti dell’ottimo lavoro di scrittura e arrangiamento ordito da Patrick Mameli e soci non decantarne lodi: un centro pieno, e se diffidate delle imitazioni, eccovi servito il piatto originale, cosa chiedere di meglio?