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Un altro, deciso colpo di lima. E bravo Middleton. Deve averlo studiato a fondo, lo strumento – no, qui le corde non c’entrano – attratto dalla funzionalità e dai risultati della sua metodica applicazione: l’appianamento progressivo di ogni asperità, l’asportazione di minute imperfezioni, la levigatura d’una superficie tanto dura quanto scabrosa. Album dopo album – siamo a sei – il processo di epurazione è giunto sino a confondere mezzo e fine, ricavando quelle sporgenze a bordo tagliente, già fitte nel metallo temprato dai Sylosis, con regolarità ancor più geometrica.
Che A Sign Of Things To Come sia l’album della maturità? Di certo hanno imparato a trascurare tutto ciò che è orpello, i ragazzi di Reading, e Cycle Of Suffering è oggi prova sincera della volontà di rinunziare a una verbosità congenita senza perdere coerenza, con i piedi ben saldi sull’intersezione fra thrash – e death più melodico – e correnti progressiste/moderniste (continuerei a non considerare il suffisso -core ed ogni implicazione critica connessa col suo uso improprio).
La ricerca di tale compattezza produce brani essenziali, nei quali non è la foga chitarristica ad avvalorare, bensì la melodia, tangibile nelle concessioni al cantato pulito (è cresciuto anche sotto questo aspetto, il buon Josh, ascoltate con attenzione “Deadwood”, “Absent” e “Thorns”), gli strategici inserti di tastiera e una regolatezza ritmica ponderata con zelo. Nessuno s’attenda architetture scarne o giri troppo circolari, per carità, ma l’accento cade più spesso che in passato su groove e rallentamenti spezza-schiena (“Descent”!), rendendo più desiderabile una fruizione continuativa; ridimensionato, non solo per metratura, il reparto assolo: meno suppellettili, meno mobilia pesante, solo pochi, pregiati pezzi d’arredo – finissimi i drappi di “Judas” e “Pariahs” – perfettamente in linea con lo snellimento dell’intero progetto.
Se sia un segno delle cose a venire, avremo modo, mi auguro, di scoprirlo nel prossimo futuro. Di certo la quadratura era auspicabile, per tentare di emergere da un’accozzaglia di gruppi similoro quanto mai affollata ed eterogenea. Obiettivo raggiunto? Assolutamente sì.