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È uscito il diciassette di novembre dell’anno appena concluso il secondo lavoro di Black 7 (a questo indirizzo la trattazione del primo), al secolo Lars Totzke. Questi si è fatto carico di composizione, arrangiamenti, esecuzioni delle parti di chitarra e basso, programmazione di tastiere e batteria sintetiche, produzione e pubblicazione.
Bene. Amo l’autarchia, ma quest’album è una prova concreta di quanto siano necessarie le giuste risorse per far fiorire tale politica. Nel caso di specie, è necessario il talento.
The 2nd Chapter soffre difetti già patiti da dischi di questo tipo in passato; dischi generati spesso da chitarristi di retaggio o propensione più metal che rock. Tra i momenti migliori quelli in cui la mente è brevemente traghettata lì dove l’avevano lasciata Scenes ed Introduction di Marty Friedman, soprattutto “For This Moment”. Brevemente in quanto l’unico talento qui presentato nella stragrande maggioranza dei brani è una ripetitività senza fine. Un’idea una, protratta sino in fondo.
Non bastano una bella ed isolata melodia qua, un pezzo power lì, un po’ di atmosfera a destra ed un a-solo gradevole a sinistra; quando il profilo è comunque di componimenti singolarmente tollerabili ma tutti insieme insopportabili. Ben eseguiti, d‘accordo – e sanno anche i sassi che nel 2023 ciò è irrilevante in studio (presto lo sarà anche dal vivo) –, ma poi? Che cosa offrono? Non sono innovativi né personali, ergo non sono interessanti. Sono bozzetti da mettere nelle mani di un gruppo in grado di svilupparli, di arrangiarli e di presentarli in veste stravolta e casomai cantata.
Cari saluti.