DREAM THEATER – Taormina (ME) – Teatro Antico


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Il - 📆 4 LUGLIO 2025, TEATRO ANTICO DI TAORMINA - DREAM THEATER DREAM THEATER in concerto a Taormina che li vedrà proseguire le celebrazioni per il loro “40th Anniversary Tour” eDream Theater – Taormina (ME) – Teatro Antico 04/07/2025

Spero che un giorno qualcuno mi spieghi perche’ il botteghino per gli spettacoli del teatro greco romano di Taormina disti dall’anfiteatro più di un km e si trovi all’interno del palazzo del cinema. Quando scopriro’ il motivo di tale distanza credo che sarò l’ uomo più felice e soddisfatto del mondo. Faccio questo appunto perchè nonostante arrivi puntuale nel bellissimo centro siciliano e non sapendo di questa ubicazione mi ritrovo, davanti ai cancelli d’ingresso, a fare subito dietro front per andare proprio in Via Umberto 61 a ritirare il mio accredito gentilmente concessomi dalla MC2 Live. Dopo questa bella sudata tra le vie del paese messinese e dopo aver fatto di corsa la salita di via Teatro Greco arrivo esanime verso le 21 e 05 quando la famosissima band americana sta salendo sul palco al termine delle note della strumentale “Prelude” di Bernard Herrmann emessa dagli enormi altoparlanti posizionati all’interno di questa splendida ed emozionante location.

 

All’interno del teatro  vengo accompagnato, al buio e al mio posto da una cortesissima hostess ma lo sguardo e le orecchie sono orientate sul palco dove James LaBrie, John Petrucci, John Myung, Jordan Rudess e  Mike Portnoy mettono la quarta con la prima  canzone in scaletta, ovvero “Night Terror”, estrapolata dall’ultimo lavoro in studio Parasomnia. Facendo un passo indietro scopro anche dalla security che nella via che porta al Teatro era stato montato uno stand provvisorio, una specie di botteghino mobile che io non ho visto, poi tolto dopo che la lunga fila creatasi nella via principale si era dissolta. Dobbiamo anche aggiungere che i Dream Theater sono senza  band di supporto in questo tour e nonostante l’apertura in ritardo delle porte avvenuta alle 20 e 15 passate, i cinque musicisti riescono con precisione svizzera ad iniziare puntualmente offrendo praticamente due set completi di un’ora e trenta minuti ciascuno, deliziando così i sostenitori più accaniti del gruppo. Questo regalo ai fan nasce dai loro quarant’anni di anniversario che li spinge ad organizzare un grande tour mondiale scegliendo nella nostra stupenda penisola dei luoghi storici e unici, come Marostica, Lucca, Pompei e stasera l’affascinante perla dello Ionio.

I Dream Theater sono un’istituzione del progressive metal internazionale e stasera, dopo sei anni dall’ultima apparizione a Taormina, per il tour di Distance Over Time, si presentano con il figliol prodigo Mike Portnoy ritornato da poco tra i ranghi e che, ricucito il sincero rapporto con gli altri membri della famiglia, stasera sfoggia, insieme ai suoi colleghi, un’altra fantastica ed indimenticabile esperienza sonora. A proposito di famiglie, riesco nell’impresa di portarmi  al concerto il mio nucleo familiare composto da mia moglie, molto restia a queste sonorità, i miei due figli di quindici e dodici anni, mio fratello e una mia carissima amica. Diciamo che in generale tutti apprezzano la tecnica e la bravura degli statunitensi anche se con mio fratello Fabrizio vado sul sicuro dato che è comunque un fan sfegatato della formazione di Boston. In un certo senso voglio vivere la partecipazione a questo evento anche con persone non troppe vicine al genere mettendomi nei loro panni e capire sinceramente cosa ne pensano dei chiacchieratissimi Dream Theater, band fondamentale e di successo per l’intero movimento metal ma che divide i metalhead tra estimatori e detrattori. Sinceramente ognuno è libero di esprimere educatamente e con rispetto i propri giudizi e di seguire il gruppo musicale che vuole (per fortuna ce ne sono tanti nel mondo e di qualunque genere) ma penso pure che per decretare una band di successo occorrono i fatti e gli americani in questi quarant’anni, tra alti e bassi, hanno sempre portato risultati importanti sia a livello discografico e sia dal vivo dove sono praticamente quasi imbattibili. Quasi perché l’unico tallone d’Achille è il povero LaBrie ormai senza voce a causa di una grave intossicazione alimentare avuta nel ‘94 e ormai diventato l’ombra di se stesso peggiorando di anno in anno.

In questo caso entra in gioco il concetto di “famiglia” spiegato perfettamente dal nostro dizionario: “Gruppo sociale composto da persone legate da vincoli di parentela, affinità o relazioni affettive, che condividono una vita in comune e svolgono determinate funzioni all’interno della società”. Ecco gli statunitensi con il ritorno di Portnoy rafforzano questo concetto relazionale non solo come colleghi di lavoro ma soprattutto a livello affettivo mettendosi a protezione dell’amico canadese, il quale, nonostante tutto, contribuisce moltissimo in questi lunghissimi anni al trionfo del combo nord americano. Come? Innanzitutto abbassando, ove possibile, le tonalità degli propri strumenti musicali spostando così  tutte le note della scala musicale verso frequenze più basse e creando così un suono complessivamente più grave. Poi dandogli la possibilità di uscire in continuazione dal palcoscenico nelle parti strumentali per riprendere fiato e dissetarsi. Nel complesso non ha cantato male ma in certe punti non riesce a raggiungere alcune note abbandonando così gli acuti che hanno sempre caratterizzato le sue performance del passato. Ritornando ai pezzi, come scritto prima, la prima parte è affidata all’apertura del nuovo singolo “Night Terror”, dove genialmente le voci di LaBrie e Portnoy si uniscono alle sinuose iniezioni di tastiera che conferiscono un’atmosfera retrò alla pesantezza del brano. Il live vede pure la presenza dell’altro singolo “Midnight Messiah” preso anche questo da Parasomnia ma proposto nella seconda parte. Con la prima traccia, un boato di applausi riempie l’Arena prima che il palco venga immerso nell’oscurità e con un fantastico spettacolo di luci a LED che si snodano nell’oscurità di questa calda notte siciliana. Entrambi i brani rispecchiano un indurimento del sound verso il puro metal con atmosfere sinistre e abbastanza potenti ma sempre con linee melodiche convincenti. Per il resto tutte le altre composizioni sono song storiche attinte da quasi tutto il loro enorme catalogo e supportate da un ambizioso e abbagliante spettacolo di luci che nel contesto memorabile di questo suggestivo anfiteatro incanta visivamente, grazie anche allo straordinario panorama del golfo di Giardini Naxos dominato dalla maestosità del vulcano Etna. Il trittico di Metropolis Pt.2: Scenes From A Memory, ovvero: “Act I: Scene Two: II. Strange Déjà Vu”, “Act I: Scene Three: I. Through My Words” e “Act I: Scene Three: II. Fatal Tragedy” mostra i muscoli del quintetto americano che nonostante la difficoltà esecutiva dei pezzi propone una performance melodiosa, impeccabile e invidiabile. James LaBrie attraversa il palco con l’asta del microfono in mano e grida raucamente con una vigorosa energia sostenuto splendidamente  dalle potenti tastiere del funambolico Jordan Rudess. Gli avvolgenti giri di chitarra elettrica sviluppati dall’ottimo John Petrucci si fondono in note intrise di groove e in veloci intermezzi che si intrecciano con i ritmi della massiccia batteria di Mike. Verso la fine, la mobile e rotante tastiera  del mago Rudess assume un andamento galattico lasciando spazio a riff e intermezzi di chitarra  esasperati che si fondono in un intricato insieme di armonie progressive. Gli occhi della gente sono decisamente puntati sull’estroso drummer statunitense che non sta mai fermo dietro la sua mega batteria a tre casse mandando  in visibilio,  con la sua precisione e la sua potenza, l’intera platea. Idem per John Petrucci che sciorina un mix di tecnica prog con la sua sei corde elettrica offrendo pure, con la sezione ritmica, dei complessi cambi di tempo. I miei cari li vedo soddisfatti ma anche increduli di ciò che stanno vedendo e di quello che stanno pure sentendo i loro timpani a volte disturbati e infastiditi dal suono  troppo forte della chitarra elettrica. Purtroppo l’acustica pur essendo buona rimbomba nelle file basse dell’arena mentre salendo in alto nelle gradinate superiori il suono è più nitido e meno forte. Con la successiva, vorticosa e veloce, “Panick Attack”, la potenza sonora ed armonica del gruppo aumenta in atmosferiche melodiche accompagnate dai corposi tasti della spaziale e obliqua keyboard di Jordan, sovrastata solo dalla tellurica batteria e dalla tremolante linea di basso di John Myung. Il tutto fuso con i bellissimi assoli della chitarra elettrica e della tastiera capaci di creare un vortice di note che travolgono l’inerme ed estasiato pubblico taorminese. Si prosegue con “Barstool Warrior” che è sicuramente uno dei brani preferiti dai fan ed è anche l’unico in scaletta dell’era Mangini. Una cascata di archi prog si fondono con intermezzi di tastiere,  surreali melodie e alternati cambi di ritmo che sfociano in riflessive atmosfere guidate dalla delicata tastiera del bravissimo Rudess. Qui la delicata ugola di James va a nozze in un contesto commovente ed emozionante in cui l’energia sprigionata dalla chitarra e la cupezza della tastiera si uniscono toccando i cuori di tutti gli ascoltatori. La stessa emozione si sprigiona nella mozzafiato e delicata, “Hollow Years” che rallenta il muro melodico sonoro alzato dai musicisti fino ad adesso. L’arpeggio della chitarra è di una bellezza assoluta e lo stesso si può dire delle corde vocali del cantante finalmente sorprendenti e cristalline. Il palco è ormai illuminato dagli smartphone accesi dalla gente che canta e si alza in piedi ad omaggiare una canzone immortale che per pochi minuti resuscita la stupenda voce del vocalist come ormai non avveniva da molto tempo. La prima parte dello show si chiude con la fenomenale, “Take The Time”, cantata inizialmente solo da Portnoy e dove gli strumenti si amalgamano leggermente in una sinfonia perfetta e dalle molteplici cromature. La sezione ritmica è da applausi scroscianti perché in grado di dettare dei coinvolgenti, velocissimi e  trascinanti ritmi che smuovono ogni parte del corpo. Questa esibizione di classe continua con i prolungati e tecnicissimi assoli melodici di Petrucci e con la solita e battagliera tastiera che tiene testa alla sei corde elettrica. Dopo circa una ventina di minuti di pausa che danno la possibilità di sgranocchiare qualcosa e di riprendersi da ciò che di meraviglioso si è udito comincia la seconda e ultima parte del concerto. L’energia e l’allegria della band sono ancora palpabili in “As I Am”, canzone che in un certo senso contrasta con la maggior parte dei pezzi precedenti per via di riff possenti e malvagi che emanano un’aura tenebrosa prima di trasformarsi in giri di chitarra elettrica  più cadenzati e articolati, accompagnati dalla bassa e cantilenante voce di James. Con la robusta e oscura “The Enemy Inside” e con la cadenzata e spigolosa “The Dark Eternal Night”, i Dream Theater mettono da parte il loro romanticismo e si scatenano in pezzi duri e tipicamente metal che esaltano comunque tutti i loro virtuosismi. Specialmente nella seconda si odono corposi riff chitarristici e un intricato lavoro di batteria e di tastiera che scivolano attraverso variegati e improvvisi cambi di tempo in intermezzi splendidamente realizzati, che portano poi a diverse direzioni melodiche. Quando sembra che la forza e la durezza dei suoni prendano il sopravvento in un violento e tellurico heavy metal i ragazzi riescono comunque a ritornare facilmente alla sdolcinata e armonica melodia di base. E’ proprio questa la forza della band che riesce semplicemente e agevolmente a ritornare al melodioso refrain di base nonostante la complessità di alcuni passaggi. La linea di basso dello statico Myung insieme  alla velocità  di Mike sono la spina dorsale delle profondità armoniche sempre mutevoli della band. Lo stesso vale per gli iperbolici riff di chitarra e gli intricati tasti della keyboard di Jordan entrambi capaci di sperimentare continuamente qualcosa di nuovo e di eccellente a livello tecnico. La fusione di questa perfetta alchimia porta poi a canzoni epiche come “Peruvian Skies”, in cui gli iniziali toni leggeri della composizione, grazie alla rilassante e sinuosa chitarra elettrica di John, si mischiano eccellentemente in ambientazioni più ritmate e in interiezioni metal frenetiche sostenute da una martellante sezione ritmica. La grande sorpresa di stasera ma anche il regalo dei Dream Theater è un intermezzo, anzi due, in cui il tastierista Rudess accenna le note di “Wish You Were Here” dei leggendari Pink Floyd e  poi quello di “Wherever I May Roam” dei Metallica, dove questa volta il pianista cinge una keytar schierandosi  al fianco di Petrucci e Myung.

Siamo ad un punto di euforia collettiva in cui tutti i partecipanti sono in piedi e a contatto con il palco quasi a toccare James, Myung e Petrucci. I Dream Theater riescono a conquistare i cuori di tutti anche di chi è venuto solo per curiosità ma che non può fare a meno di ascoltarli attentamente nei loro mostruosi e grintosi tecnicismi come nell’articolato e semi strumentale “The Count Of Tuscany”, dove il solito  Rudess accenna pure alcuni estratti della “Rhapsody In Blue” di George Gershwin. Siamo alla fine e il calore dei siciliani aumenta sempre di più sopratutto dopo la fine di questo pezzo che vede i Bostoniani allontanarsi dal palcoscenico fingendo di aver terminato l’esibizione. Dopo grida, fischi applausi e incitamenti per farli ritornare sui loro passi, il quintetto rientra alla grande con “Act II: Scene Eight: The Spirit Carries On” con LaBrie che da buon trascinatore riesce a fare cantare l’intera canzone a tutto il Teatro Antico sotto le luci poetiche e atmosferiche dei cellulari accesi in platea che illuminano questa straordinaria e indimenticabile serata. Il solito Petrucci sforna poi in “Pull Me Under” alcuni dei migliori assoli di chitarra del suo infinito repertorio. John possiede una eccezionale padronanza tecnica composta da plettrate alternate e vibrate, bending e arpeggi eseguiti sempre alla velocità della luce.  Quest’ultima è un altro pezzo storico che unisce sapientemente la chitarra elettrica e il sound della batteria e del basso, creando un insieme adrenalinico e coinvolgente, con momenti anche pesanti e trascinanti. Anche in questa occasione il singer canadese tiene il microfono rivolto verso la folla facendo cantare a squarciagola e all’unisono l’orecchiabile ritornello all’intera ed eccitata arena. I Dream Theater dimostrano ancora una volta di che pasta sono fatti e soprattutto fanno sentire e capire come la loro smisurata  classe esecutiva e compositiva li abbia portati in questi lunghi quarant’anni sempre ad alti livelli. Dopo i saluti di rito e la consueta foto collettiva Taormina e i siciliani presenti (ma non solo perché ci sono per l’occasione tanti turisti italiani e stranieri) salutano e ringraziano di essere stati partecipi per i festeggiamenti di questo magnifico anniversario. Ah, dimenticavo che stasera i ragazzi a stelle e strisce, come ricordato da James LaBrie durante il live, festeggiano pure  il giorno dell’Indipendenza che negli Stati Uniti d’America è la più importante festa nazionale. Quindi doppi auguri e cento di questi anni ragazzi!!!

Scaletta

01. Night Terror
02. Act I: Scene Two: II. Strange Déjà Vu
03. Act I: Scene Three: I. Through My Words
04. Act I: Scene Three: II. Fatal Tragedy
05. Panic Attack
06. Barstool Warrior
07. Hollow Years
08. Take the Time

Act II

09. As I Am
10. The Enemy Inside
11. Midnight Messiah
12. The Dark Eternal Night
13. Peruvian Skies
(with “Wish You Were Here” and “Wherever I May Roam” excerpts)
14. The Count of Tuscany
(with “Rhapsody in Blue” excerpt)

Encore:

15. Act II: Scene Eight: The Spirit Carries On
16. Pull Me Under

Formazione

James LaBrie – voce
John Petrucci – chitarra
Jordan Rudess – tastiera
John Myung – basso
Mike Portnoy – batteria

Live report di Christian Rubino. Foto di Christian Rubino. Di seguito altre foto della serata:

 

 

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