HOST – IX

Titolo: IX
Autore: Host
Nazione: Inghilterra
Genere: Synth-pop/Rock Gotico
Anno: 2023
Etichetta: Nuclear Blast Records

Formazione:

Nick Holmes – Voce
Greg Mackintosh – Chitarre, Sintetizzatore, Programmazione
Greg Arellano (ospite) – Batteria


Tracce:

1. Wretched Soul 4:22
2. Tomorrow’s Sky 4:30
3. Divine Emotion 4:17
4. Hiding From Tomorrow 3:45
5. A Troubled Mind 3:59
6. My Only Escape 4:21
7. Years of Suspicion 4:20
8. Inquisition 4:59
9. Instinct 4:00
10. I Ran 3:24


Voto del redattore HMW: 7,5/10
Voto dei lettori: 9.0/10
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La storia ideale, che si ripete. La transizione – più che ciclica, a volute – dall’esperienza sensibile alla fantasia, dal consolidamento della ragione alla sua graduale corruzione, fino al decadimento, preludio d’una nuova risalita; era dopo era, con svolgimento simile e discordante al contempo, poiché ad ogni passaggio la spirale si dilata e si eleva verso inattesi orizzonti, comprendendo in sé e poi sviluppando i corsi passati.

Dopo aver contribuito nei primi ’90 a fissare su dischi epocali le cadenze plumbee del death gotico ad uso e consumo delle generazioni a venire, a fine decennio Holmes e Mackintosh attuano il ricorso storico immettendo nella scena da loro stessi codificata gli stilemi recepiti in gioventù dalle grigie salmerie dei reparti dark wave/synth-pop, affini per posizione e obiettivi e perfettamente adattabili ad un contesto già prossimo alla cristallizzazione. Un ammorbamento progressivo ma non letale, che ha man mano sottratto peso e donato slancio, preservando glacialità e toni crepuscolari.

Ancora in bilico in One Second (1997), il bagaglio sintetico si rovescia in toto sull’album da cui questo progetto trae nome e coordinate di stile, primo parto per EMI e segno dei tempi – bui – a cavallo tra i due millenni: come i Paradise Lost, per citare nomi altrettanto altisonanti, anche Moonspell ed Evereve, Dark Tranquillity e Tiamat pubblicheranno, nell’arco di un biennio, lavori nutriti dal medesimo flusso emozionale, alimentato dal rientro in pompa magna dei Depeche Mode di Ultra e dall’inchino periodico a new wave e rivoluzione industrial.

Il percorso a ritroso compiuto dal gruppo madre e l’efferatezza di Bloodbath e Strigoi, bastanti ad appagare momentaneamente l’atavica sete di sangue dei due, hanno innescato l’innefabile meccanismo vichiano di cui sopra, e con esso la necessità di elaborare nuove trame di un’eleganza inquietante, a partire da semplici accordi di pianoforte, in cui l’ordito di chitarre e sintetizzatori dia corpo ad un unico, inestricabile viluppo: ritmi sinuosi e incombenti sui quali Greg digita – supportato dalla consolle di Jaime Gomez Arellano – sequenze di suoni algidi, mitigate da orchestrazioni avvolgenti e mai tronfie (“Wretched Soul”), di rado sferzate da distorsioni hard (“Years Of Suspicion”).

Rispetto al passato l’atmosfera è più rarefatta, concettuale – ne sono saggio “A Troubled Mind” e “Inquisition”, dietro le quali aleggia, monumentale, lo spirito di Dave Gahan – ma non intacca il potenziale commerciale di alcuni brani, che sfiorano la compiutezza pop (se solo qualcuno al tempo si fosse preso la briga di divulgarli adeguatamente…) di “In All Honesty”, “So Much Is Lost” o “Permanent Solution”. Ad ereditarne il calibro, aggiornandolo allo spessore delle inquietudini contemporanee, arrivano la ballabile “Tomorrow Sky”, primo singolo estratto da IX, la percussiva “Hiding From Tomorrow”, il goth etereo di “My Only Escape” e la greve “Instinct”, quattro chiavi ad innesto rapido con cui il neofita potrà accedere alle sale segrete dei fumosi club del West Yorkshire che Nick e Greg non hanno mai dimenticato, come testimonia la rilettura dark del classico degli A Flock Of Seagulls “I Ran (So Far Away)”. Da brividi.
Non occorre ribadire che ogni nuovo ospite sarà il benvenuto.

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