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Nessun colore, solo riflessi d’ardesia. Non sono ammesse interferenze cromatiche quando il filo d’ordito passa prima nella carne e poi nell’anima, intessendo l’informe tela del Fato. Dopo Into The Eternity A Moment We Are, il collettivo guidato da Gogo Melone (nomen non omen, al secolo Georgia Karpouzi) ha spinto il proprio sguardo oltre le rovine delle possenti architetture funeral, ancora visibili in A Life Without, per esplorare i paesaggi autunnali del doom/death gotico, baciati da timidi raggi di sole.
Scenari di desolazione in cui la musica si fa strumento d’espiazione, assoggetta il tormento a regole matematiche e ne placa l’intensità crescente con riff tetragoni e cadenze ossessive. Eppure la luce trapela, sotto forma di intima melodia modulata con versi pregni di disincanto: è il regno di Draconian, Swallow The Sun, Shape Of Despair e Daylight Dies, austeri signori dell’afflizione che ne hanno più volte ampliato i confini. Al loro interno, la congrega greco-finnica s’adopera come un suddito benevolo, sì ossequioso, ma libero d’esprimersi nel rispetto della propria sensibilità. È il regno di Katara, coperto di foreste grigie e popolato da figure diafane trafitte dalla luce del vespro, involucri che recano in sé il mistero della vita, nell’eterna antitesi materia/spirito.
I riff imponenti di Jämsä e Jauhiainen (assieme, con ruoli diversi, anche nei Red Moon Architect) rotolano come il masso dannato di Sisifo, celebrazione incessante del fallimento, negazione d’ogni reale progressione. Al canto melodioso della Melone, sempre in bilico tra sussurro e accorato lamento – con rari incisi operistici – rispondono il controcanto atro di Joel Notkonen ed un commento ritmico scabro ma tonante, conforme alla tradizione. Le tastiere innervano ogni brano, spronano gli slanci melodici delle chitarre, dipingono sfondi notturni in cui frammenti di death metal s’incastonano come lune di cristallo, e duettano con le voci quando tutto, attorno, s’acquieta.
Umori, temi, suoni sentiti e risentiti, in un contesto scandagliato fin nel profondo: di rado, però, così sentiti. Una differenza che gli Aeonian Sorrow rimarcano, nell’attesa di una meritata consacrazione.